Page 991 - Giorgio Vasari
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Il  che  udendo  la  gentildonna,  che  accortissima  era,  per  mostrargli

               l'error  suo,  rispose:  "È  sarà  qualche  pidocchio".  La  qual  risposta,
               essendo udita da molti, fu cagione che s'empiesse di questo motto
               tutta Bologna e ch'egli ne rimanesse sempre scornato. E veramente
               se  Alfonso  avesse  dato  opera  non  alle  vanità  del  mondo,  ma  alle

               fatiche dell'arte, egli avrebbe senza dubbio fatto cose maravigliose.
               Perché  se  ciò  faceva  in  parte,  non  si  essercitando  molto,  che
               averebbe fatto se avesse durato fatica?

               Essendo  il  detto  imperador  Carlo  Quinto  in  Bologna  e  venendo
               l'eccellentissimo  Tiziano  da  Cadór  a  ritrarre  Sua  Maestà,  venne  in
               desiderio  Alfonso  di  ritrarre  anch'egli  quel  signore;  né  avendo  altro

               commodo di potere ciò fare, pregò Tiziano senza scoprirgli quello che
               aveva in animo di fare, che gli facesse grazia di condurlo, in cambio
               d'un di coloro che gli portavano i colori, alla presenza di Sua Maestà.
               Onde  Tiziano,  che  molto  l'amava,  come  cortesissimo  che  è  sempre

               stato veramente, condusse seco Alfonso nelle stanze dell'imperatore.
               Alfonso dunque, posto che si fu Tiziano a lavorare, se gl'accommodò
               dietro in guisa che non poteva da lui, che attentissimo badava al suo
               lavoro, esser veduto. E messo mano a una sua scatoleta in forma di

               medaglia,  ritrasse  in  quella  di  stucco  l'istesso  imperadore  e  l'ebbe
               condotto a fine, quando appunto Tiziano ebbe finito anch'egli il suo
               ritratto. Nel rizzarsi dunque l'imperatore, Alfonso chiusa la scatola, se
               l'aveva,  acciò  Tiziano  non  la  vedesse,  già  messa  nella  manica,

               quando  dicendogli  Sua  Maestà:  "Mostra  quello  che  tu  hai  fatto",  fu
               forzato  a  dare  umilmente  quel  ritratto  in  mano  dell'imperatore,  il
               quale  avendo  considerato  e  molto  lodato  l'opera,  gli  disse:
               "Bastarebbeti l'animo di farla di marmo?". "Sacra Maestà, sì", rispose

               Alfonso.  "Falla  dunque",  soggiunse  l'imperatore,  "e  portamela  a
               Genova."  Quanto  paresse  nuovo  questo  fatto  a  Tiziano,  se  lo  può
               ciascuno  per  se  stesso  imaginare.  Io  per  me  credo  che  gli  paresse
               avere  messo  la  sua  virtù  in  compromesso.  Ma  quello  che  più  gli

               dovette parer strano, si fu che mandando Sua Maestà a donare mille
               scudi a Tiziano, gli commise che ne desse la metà, cioè cinquecento,
               ad  Alfonso,  e  gl'altri  cinquecento  si  tenesse  per  sé.  Di  che  è  da
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