Page 972 - Giorgio Vasari
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governo erano Ippolito et Alessandro, che incassatolo, lo facesse
portare a Mantoa. La qual cosa dispiacendo molto al Magnifico
Ottaviano, che non arebbe voluto privar Fiorenza d'una sì fatta
pittura, si maravigliò che il Papa l'avesse corsa così a un tratto, pure
rispose che non mancherebbe di servire il Duca, ma che essendo
l'ornamento cattivo ne faceva fare un nuovo, il quale come fusse
messo d'oro manderebbe sicurissimamente il quadro a Mantoa; e ciò
fatto, Messer Ottaviano, per salvare, come si dice, la capra et i cavoli,
mandò segretamente per Andrea e gli disse come il fatto stava, e che
a ciò non era altro rimedio che contrafare quello con ogni diligenza; e
mandandone un simile al Duca, ritenere, ma nascosamente, quello di
mano di Raffaello. Avendo dunque promesso Andrea di fare quanto
sapeva e poteva, fatto fare un quadro simile di grandezza et in tutte
le parti, lo lavorò in casa di Messer Ottaviano segretamente. E vi si
affaticò di maniera che esso Messer Ottaviano, intendentissimo delle
cose dell'arti, quando fu finito non conosceva l'uno dall'altro, né il
proprio e vero dal simile, avendo massimamente Andrea contrafatto
insino alle macchie del sucido, come era il vero apunto. E così,
nascosto che ebbero quello di Raffaello, mandarono quello di mano
d'Andrea in un ornamento simile a Mantoa. Di che il Duca restò
soddisfattissimo, avendoglielo massimamente lodato, senza essersi
avveduto della cosa, Giulio Romano pittore e discepolo di Raffaello. Il
quale Giulio si sarebbe stato sempre in quella openione e l'arebbe
creduto di mano di Raffaello. Ma capitando a Mantoa Giorgio Vasari, il
quale, essendo fanciullo e creatura di Messer Ottaviano, aveva
veduto Andrea lavorare quel quadro, scoperse la cosa. Per che,
facendo il detto Giulio molte carezze al Vasaro e mostrandogli, dopo
molte anticaglie e pitture, quel quadro di Raffaello come la miglior
cosa che vi fusse, disse Giorgio: "L'opera è bellissima, ma non è
altrimenti di mano di Raffaello". "Come no?", disse Giulio, "non lo so
io, che riconosco i colpi che vi lavorai su?". "Voi ve gli sete
dimenticati", soggiunse Giorgio, "perché questo è di mano d'Andrea
del Sarto; e per segno di ciò, eccovi un segno (e glielo mostrò) che fu
fatto in Fiorenza, perché quando erano insieme si scambiavano." Ciò
udito fece rivoltar Giulio il quadro, e visto il contrasegno, si strinse
nelle spalle, dicendo queste parole: "Io non lo stimo meno che s'ella