Page 90 - Giorgio Vasari
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disegnatoio o carbone espressi solo per tentare l'animo di quel che gli

               sovviene, perciò si chiamano schizzi. Da questi dunque vengono poi
               rilevati  in  buona  forma  i  disegni,  nel  far  de'  quali  con  tutta  quella
               diligenza che si può, si cerca vedere dal vivo se già l'artefice non si
               sentisse gagliardo in modo che da sé li potesse condurre. Appresso,

               misuratili  con  le  seste  o  a  occhio,  si  ringrandiscono  dalle  misure
               piccole nelle maggiori, secondo l'opera che si ha da fare.

               Questi si fanno con varie cose, cioè o con lapis rosso che è una pietra
               la  qual  viene  da'  monti  di  Alamagna,  che,  per  esser  tenera,
               agevolmente si sega e riduce in punte sottili da segnare con esse in

               sui fogli come tu vuoi; o con la pietra nera che viene da' monti di
               Francia, la qual'è similmente come la rossa; altri di chiaro e scuro si
               conducono  su  fogli  tinti,  che  fanno  un  mezzo,  e  la  penna  fa  il
               lineamento, cioè il dintorno o profilo, e l'inchiostro poi con un poco

               d'acqua  fa  una  tinta  dolce  che  lo  vela  et  ombra;  di  poi  con  un
               pennello  sottile  intinto  nella  biacca  stemperata  con  la  gomma  si
               lumeggia il disegno; e questo modo è molto alla pittoresca e mostra
               più l'ordine del colorito. Molti altri fanno con la penna sola, lasciando i

               lumi della carta; che è difficile, ma molto maestrevole; et infiniti altri
               modi ancora si costumano nel disegnare, de' quali non accade fare
               menzione,  perché  tutti  rappresentano  una  cosa  medesima,  cioè  il
               disegnare.

               Fatti  così  i  dissegni,  chi  vuole  lavorar  in  fresco,  cioè  in  muro,  è
               necessario  che  faccia  i  cartoni,  ancora  ch'e'  si  costumi  per  molti  di

               fargli  per  lavorar  anco  in  tavola.  Questi  cartoni  si  fanno  così:
               impastansi fogli con colla di farina e acqua cotta al fuoco; fogli, dico,
               che siano squadrati, e si tirano al muro con l'incollarli attorno due dita
               verso  il  muro  con  la  medesima  pasta.  E  si  bagnano  spruzzandovi

               dentro per tutto acqua fresca, e così molli si tirano, acciò nel seccarsi
               vengano a distendere il molle delle grinze. Da poi quando sono secchi
               si  vanno,  con  una  canna  lunga  che  abbia  in  cima  un  carbone,
               riportando sul cartone per giudicar da discosto tutto quello che nel

               disegno piccolo è disegnato con pari grandezza; e così a poco a poco
               quando a una figura, e quando all'altra dànno fine. Qui fanno i pittori
               tutte  le  fatiche  dell'arte,  del  ritrarre  dal  vivo  ignudi  e  panni  di
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