Page 871 - Giorgio Vasari
P. 871
Dicesi che ogni pittore che conosciuto l'avesse, et anche chi non lo
avesse conosciuto, se lo avessi richiesto di qualche disegno che gli
bisognasse, egli lasciava l'opera sua per sovvenirlo. E sempre tenne
infiniti in opera, aiutandoli et insegnandoli con quello amore che non
ad artifici, ma a figliuoli proprii si conveniva. Per la qual cagione si
vedeva che non andava mai a corte che partendo di casa non avesse
seco cinquanta pittori tutti valenti e buoni che gli facevono
compagnia per onorarlo. Egli insomma non visse da pittore, ma da
principe: per il che o arte della pittura, tu pur ti potevi allora stimare
felicissima avendo un tuo artefice che di virtù e di costumi t'alzava
sopra il cielo; beata veramente ti potevi chiamare, da che per l'orme
di tanto uomo, hanno pur visto gli allievi tuoi come si vive e che
importi l'avere accompagnato insieme arte e virtute; le quali in
Raffaello congiunte, potettero sforzare la grandezza di Giulio II e la
generosità di Leone X nel sommo grado e degnità che egli erono a
farselo familiarissimo et usarli ogni sorte di liberalità, tal che poté col
favore e con le facultà che gli diedero fare a sé et a l'arte grandissimo
onore. Beato ancora si può dire chi stando a' suoi servigi sotto lui
operò, perché ritrovo chiunche che lo imitò essersi a onesto porto
ridotto e così quegli che imiteranno le sue fatiche nell'arte saranno
onorati dal mondo e, ne' costumi santi lui somigliando, remunerati
dal cielo. Ebbe Raffaello dal Bembo questo epitaffio:
D.O.M.
RAPHAEL SANCTIO IOANNIS FILIO
URBINATI
PICTORI EMINENTISSIMO VETERUMQUE AEMULO
CUIUS SPIRANTEIS PROPE IMAGINEIS
SI CONTEMPLERE
NATURAE ATQUE ARTIS FOEDUS
FACILE INSPEXERIS
IULII II ET LEONIS X PONTT MAXX.