Page 876 - Giorgio Vasari
P. 876
cose, molto disegno, ma conosciuto il bisogno, se bene era in là con
gl'anni, si diede a disegnare e studiare, e così a poco a poco le
migliorò, quanto si vide poi nelle finestre che fece nel palazzo del
detto cardinale in Cortona et in quell'altro di fuori et in un occhio, che
è nella detta pieve sopra la facciata dinanzi a man ritta entrando in
chiesa, dove è l'arme di papa Leone X, e parimente in due finestre
piccole che sono nella Compagnia del Gesù; in una delle quali è un
Cristo e nell'altra un Santo Onofrio, le quali opere sono assai
differenti e molto migliori delle prime. Dimorando dunque, come si è
detto, costui in Cortona, morì in Arezzo Fabiano di Stagio Sassoli
aretino, stato bonissimo maestro di fare finestre grande. Onde
avendo gl'Operai del vescovado allogato tre finestre, che sono nella
cappella principale di venti braccia l'una, a Stagio figliuolo del detto
Fabiano et a Domenico Pecori pittore, quando furono finite e poste ai
luoghi loro, non molto sodisfecero agl'Aretini, ancora che fossero
assai buone e più tosto lodevoli che no. Ora avvenne che, andando in
quel tempo Messer Lodovico Bellichini, medico eccellente e de' primi
che governasse la città d'Arezzo, a medicare in Cortona la madre del
detto cardinale, egli si dimesticò assai col detto Guglielmo, col quale,
quando tempo gl'avanzava, ragionava molto volentieri e Guglielmo
parimente, che allora si chiamava il priore, per avere di que' giorni
avuto il beneficio d'una prioria, pose affezzione al detto medico; il
quale un giorno domandò Guglielmo se con buona grazia del
cardinale anderebbe a fare in Arezzo alcune finestre; et avendogli
promesso, con licenza e buona grazia del cardinale, là si condusse.
Stagio dunque, del quale si è ragionato di sopra, avendo divisa la
compagnia con Domenico, raccettò in casa sua Guglielmo; il quale
per la prima opera in una finestra di Santa Lucia, cappella
degl'Albergotti nel Vescovado d'Arezzo, fece essa Santa et un S.
Salvestro, tanto bene che questa opera può dirsi veramente fatta di
vivissime figure e non di vetri colorati e trasparenti o, almeno, pittura
lodata e maravigliosa perché, oltre al magisterio delle carni, sono
squagliati i vetri, cioè levata in alcun luogo la prima pelle e poi
colorita d'altro colore, come sarebbe a dire posto in sul vetro rosso
squagliato opera gialla et in su l'azzurro bianca e verde lavorata, la
qual cosa in questo mestiero è difficile e miracolosa.