Page 870 - Giorgio Vasari
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opera  nel  vedere  il  corpo  morto  e  quella  viva,  faceva  scoppiare
               l'anima di dolore a ogni uno che quivi guardava. La quale tavola per
               la perdita di Raffaello fu messa dal cardinale a San Pietro a Montorio
               allo altar maggiore; e fu poi sempre per la rarità d'ogni suo gesto in
               gran pregio tenuta. Fu data al corpo suo quella onorata sepoltura che

               tanto nobile spirito aveva meritato, perché non fu nessuno artefice
               che  dolendosi  non  piagnesse  et  insieme  alla  sepoltura  non
               l'accompagnasse. Dolse ancora sommamente la morte sua a tutta la

               corte  del  Papa,  prima  per  avere  egli  avuto  in  vita  uno  officio  di
               cubiculario et appresso per essere stato sì caro al Papa che la sua
               morte amaramente lo fece piagnere. O felice e beata anima, da che
               ogn'uomo  volentieri  ragiona  di  te  e  celebra  i  gesti  tuoi  et  ammira
               ogni  tuo  disegno  lasciato.  Ben  poteva  la  pittura,  quando  questo

               nobile  artefice  morì,  morire  anche  ella  che  quando  egli  gli  occhi
               chiuse, ella quasi cieca rimase. Ora a noi che dopo lui siamo rimasi,
               resta imitare il buono, anzi ottimo modo, da lui lasciatoci in esempio

               e  come  merita  la  virtù  sua  e  l'obligo  nostro,  tenerne  nell'animo
               graziosissimo  ricordo  e  farne  con  la  lingua  sempre  onoratissima
               memoria.  Che  invero  noi  abbiamo  per  lui  l'arte,  i  colori  e  la
               invenzione unitamente ridotti a quella fine e perfezzione che appena
               si poteva sperare, né di passar lui già mai si pensi spirito alcuno. Et

               oltre a questo beneficio che e' fece all'arte, come amico di quella, non
               restò  vivendo  mostrarci  come  si  negozia  con  gli  uomini  grandi,  co'
               mediocri e con gl'infimi. E certo fra le sue doti singulari ne scorgo una

               di tal valore che in me stesso stupisco: che il cielo gli diede forza di
               poter  mostrare  ne  l'arte  nostra  uno  effetto  sì  contrario  alle
               complessioni  di  noi  pittori;  questo  è  che  naturalmente  gli  artefici
               nostri,  non  dico  solo  i  bassi,  ma  quelli  che  hanno  umore  d'esser
               grandi (come di questo umore l'arte ne produce infiniti), lavorando ne

               l'opere in compagnia di Raffaello stavano uniti e di concordia tale che
               tutti  i  mali  umori  nel  veder  lui  si  amorzavano  et  ogni  vile  e  basso
               pensiero  cadeva  loro  di  mente.  La  quale  unione  mai  non  fu  più  in

               altro  tempo  che  nel  suo.  E  questo  avveniva  perché  restavano  vinti
               dalla  cortesia  e  dall'arte  sua,  ma  più  dal  genio  della  sua  buona
               natura. La quale era sì piena di gentilezza e sì colma di carità, che
               egli si vedeva che fino agli animali l'onoravano, non che gli uomini.
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