Page 865 - Giorgio Vasari
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fattala  molto  migliore,  per  disegno,  colorito  et  invenzione,  e
               parendogli  aver  fatto  assai,  conobbe,  venuto  in  migliore  età,  esser
               troppo lontano dal vero. Perciò che vedendo egli l'opere di Lionardo
               da  Vinci,  il  quale  nell'arie  delle  teste,  così  di  maschi  come  di
               femmine, non ebbe pari e nel dar grazia alle figure e ne' moti superò

               tutti gl'altri pittori, restò tutto stupefatto e maravigliato; et insomma,
               piacendogli  la  maniera  di  Lionardo  più  che  qualunche  altra  avesse
               veduta mai, si mise a studiarla e lasciando, se bene con gran fatica a

               poco a poco la maniera di Pietro, cercò, quanto seppe e poté il più,
               d'imitare la maniera di esso Lionardo. Ma per diligenza o studio che
               facesse, in alcune difficultà non poté mai passare Lionardo; e se bene
               pare a molti che egli lo passasse nella dolcezza et in una certa facilità
               naturale,  egli  nondimeno  non  gli  fu  punto  superiore  in  un  certo

               fondamento  terribile  di  concetti  e  grandezza  d'arte,  nel  che  pochi
               sono stati pari a Lionardo. Ma Raffaello se gli è avvicinato bene più
               che nessuno altro pittore, e massimamente nella grazia de' colori.

               Ma tornando a esso Raffaello, gli fu col tempo di grandissimo disaiuto
               e  fatica  quella  maniera  che  egli  prese  di  Pietro,  quando  era

               giovanetto; la quale prese agevolmente per essere minuta, secca e di
               poco dissegno; perciò che, non potendosela dimenticare, fu cagione
               che con molta difficultà imparò la bellezza degl'ignudi et il modo degli
               scorti difficili dal cartone, che fece Michelagnolo Buonarroti per la sala

               del  Consiglio  di  Fiorenza,  et  un  altro  che  si  fusse  perso  d'animo,
               parendogli avere insino allora gettato via il tempo, non arebbe mai
               fatto,  ancor  che  di  bellissimo  ingegno,  quello  che  fece  Raffaello,  il
               quale  smorbatosi  e  levatosi  da  dosso  quella  maniera  di  Pietro  per

               apprender quella di Michelagnolo piena di difficultà in tutte le parti,
               diventò quasi di maestro nuovo discepolo; e si sforzò con incredibile
               studio  di  fare,  essendo  già  uomo,  in  pochi  mesi  quello  che  arebbe
               avuto bisogno di quella tenera età che meglio apprende ogni cosa e

               de lo spazzio di molti anni. E nel vero chi non impara a buon'ora i
               buoni principii e la maniera che vuol seguitare et a poco a poco non
               va  facilitando  con  l'esperienza  le  difficultà  dell'arti,  cercando
               d'intendere  le  parti  e  metterle  in  pratica,  non  diverrà  quasi  mai

               perfetto;  e  se  pure  diverrà,  sarà  con  più  tempo  e  molto  maggior
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