Page 828 - Giorgio Vasari
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di ciò avevano la cura, che la debolezza de' pilastri non reggesse così
               gran  peso;  per  che  scrivendo  a  Giuliano  che,  se  voleva,  tale  opera
               andasse a vedere, egli come animoso e valente andò e mostrò con
               facilità quella poter voltarsi e che a ciò gli bastava l'animo; e tante e
               tali  ragioni  allegò  loro  che  l'opera  gli  fu  allogata.  Dopo  la  quale

               allogazione  fece  spedire  l'opera  di  Prato  e  coi  medesimi  maestri
               muratori e scarpellini a Loreto si condusse. E perché tale opra avesse
               fermezza  nelle  pietre,  e  saldezza  e  forma  e  stabilità  e  facesse

               legazione, mandò a Roma per la pozzolana; né calce fu che con essa
               non fosse temperata e murata ogni pietra; e così in termine di tre
               anni quella finita e libera rimase perfetta.

               Andò poi a Roma, dove a papa Alessandro vi restaurò il tetto di Santa
               Maria  Maggiore,  che  ruinava;  e  vi  fece  quel  palco  ch'al  presente  si
               vede.  Così  nel  praticare  per  la  corte  il  vescovo  della  Rovere,  fatto

               cardinale di San Pietro in Vincola, già amico di Giuliano fin quando
               era castellano d'Ostia, gli fece fare il modello del palazzo di S. Pietro
               in Vincola. E poco dopo questo, volendo edificare a Savona sua patria
               un palazzo, volle farlo similmente col disegno e con la presenzia di

               Giuliano. La quale andata gli era difficile, perciò che il palco non era
               ancor finito e papa Alessandro non voleva ch'e' partisse. Per il che lo
               fece finire per Antonio suo fratello, il quale, per avere ingegno buono
               e versatile, nel praticare la corte contrasse servitù col Papa, che gli

               mise  grandissimo  amore  e  glielo  mostrò  nel  volere  fondare  e
               rifondare con le difese a uso di castello, la Mole di Adriano, oggi detta
               Castel Santo Agnolo; alla quale impresa fu preposto Antonio. Così si
               fecero i torrioni da basso, i fossi e l'altre fortificazioni che al presente

               veggiamo. La quale opera gli diè credito grande appresso il Papa e
               col duca Valentino, suo figliuolo; e fu cagione ch'egli facesse la rocca
               che  si  vede  oggi  a  Civita  Castellana.  E  così,  mentre  quel  Pontefice
               visse,  egli  di  continuo  attese  a  fabbricare,  e  per  esso  lavorando  fu

               non meno premiato che stimato da lui.
               Già  aveva  Giuliano  a  Savona  condotto  l'opera  innanzi  quando  il

               cardinale,  per  alcuno  suoi  bisogni,  ritornò  a  Roma  e  lasciò  molti
               Operai ch'alla fabbrica dessero perfezzione con l'ordine e col disegno
               di  Giuliano,  il  quale  ne  menò  seco  a  Roma  et  egli  fece  volentieri
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