Page 724 - Giorgio Vasari
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Giovanmaria Benintendi et in casa Pierfrancesco Borgherini. Dilettossi

               il Bacchiacca di far grottesche; onde al signor duca Cosimo fece uno
               studiolo pieno d'animali e d'erbe rare, ritratte dalle naturali, che sono
               tenute bellissime, oltre ciò fece i cartoni per molti panni d'arazzo, che
               poi furono tessuti di seta da maestro Giovanni Rosto fiammingo, per

               le stanze del palazzo di sua eccellenza.

               Fu  ancora  discepolo  di  Pietro,  Giovanni  Spagnuolo,  detto  per
               sopranome lo Spagna, il quale colorì meglio che nessun altro di coloro
               che lasciò Pietro dopo la sua morte; il quale Giovanni, dopo Pietro si
               sarebbe fermo in Perugia, se l'invidia dei pittori di quella città, troppo

               nimici  de'  forestieri,  non  l'avessino  perseguitato  di  sorte  che  gli  fu
               forza  ritirarsi  in  Spoleto,  dove  per  la  bontà  e  virtù  sua,  fu  datogli
               donna  di  buon  sangue  e  fatto  di  quella  patria  cittadino.  Nel  qual
               luogo fece molte opere, e similmente in tutte l'altre città dell'Umbria.

               Et in Ascesi dipinse la tavola della cappella di Santa Caterina nella
               chiesa di sotto di San Francesco, per il cardinale Egidio Spagnuolo; e
               parimente  una  in  San  Damiano.  In  Santa  Maria  degl'Angeli  dipinse
               nella cappella piccola, dove morì San Francesco, alcune mezze figure,

               grandi quanto il naturale, cioè alcuni compagni di San Francesco et
               altri Santi molto vivaci, i quali mettono in mezzo un San Francesco di
               rilievo.

               Ma  fra  i  detti  discepoli  di  Pietro  miglior  maestro  di  tutti  fu  Andrea
               Luigi d'Ascesi, chiamato l'Ingegno, il quale nella sua prima giovanezza
               concorse con Raffaello da Urbino sotto la disciplina di esso Pietro, il

               quale l'adoperò sempre nelle più importanti pitture che facesse; come
               fu nell'udienza del Cambio di Perugia, dove sono di sua mano figure
               bellissime, in quelle che lavorò in Ascesi; e finalmente a Roma nella
               cappella di papa Sisto. Nelle quali tutte opere diede Andrea tal saggio

               di sé, che si aspettava che dovesse di gran lunga trappassare il suo
               maestro; e certo così sarebbe stato; ma la fortuna, che quasi sempre
               agl'alti  principii  volentieri  s'oppone,  non  lasciò  venire  a  perfezzione
               l'Ingegno;  perciò  che  cadendogli  un  trabocco  di  scesa  negl'occhi,  il

               misero ne divenne, con infinito dolore di chiunche lo conobbe, cieco
               del tutto. Il qual caso dignissimo di compassione udendo, papa Sisto
               (come quello che amò sempre i virtuosi) ordinò che in Ascesi gli fusse
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