Page 687 - Giorgio Vasari
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giudicava  e  gli  pareva  vedere  in  quelle  statue,  aveano  da  molte
               persone vive cavato tutta la perfezione della natura, la quale di rado
               in  un  corpo  solo  accozza  et  accompagna  insieme  tutta  la  bellezza,
               onde è necessario pigliarne da uno una parte, e da un altro un'altra;
               et oltre a questo gli parevano le statue più terminate e più tocche in

               su'  muscoli,  vene,  nervi  et  altre  particelle,  le  quali  il  naturale,
               coprendo con la tenerezza e morbidezza della carne certe crudezze,
               mostra talvolta meno, se già non fusse un qualche corpo d'un vecchio

               o  di  molto  estenuato;  i  quali  corpi  però,  sono  per  altri  rispetti
               dagl'artefici  fuggiti.  E  si  conosce  di  questa  openione  essersi  molto
               compiaciuto nell'opere sue, nelle quali si vede in vero la maniera un
               pochetto  tagliente  e  che  tira  talvolta  più  alla  pietra  che  alla  carne
               viva.  Comunque  sia,  in  questa  ultima  storia,  la  quale  piacque

               infinitamente,  ritrasse  Andrea  lo  Squarcione  in  una  figuraccia
               corpacciuta  con  una  lancia  e  con  una  spada  in  mano.  Vi  ritrasse
               similmente Noferi di Messer Palla Strozzi fiorentino, Messer Girolamo

               dalla  Valle,  medico  eccellentissimo,  Messer  Bonifazio  Fuzimeliga,
               dottor di leggi, Niccolò orefice di papa Innocenzio VIII e Baldassarre
               da  Leccio,  suoi  amicissimi;  i  quali  tutti  fece  vestiti  d'arme  bianche
               brunite e splendide come le vere sono, e certo con bella maniera. Vi
               ritrasse  anco  Messer  Bonramino  cavaliere,  et  un  certo  vescovo

               d'Ungheria,  uomo  sciocco  affatto,  il  quale  andava  tutto  giorno  per
               Roma  vagabondo,  e  poi  la  notte  si  riduceva  a  dormire,  come  le
               bestie, per le stalle. Vi ritrasse anco Marsilio Pazzo, nella persona del

               carnefice  che  taglia  la  testa  a  S.  Iacopo,  e  similmente  se  stesso.
               Insomma  questa  opera  gl'acquistò,  per  la  bontà  sua,  nome
               grandissimo.  Dipinse  anco,  mentre  faceva  questa  cappella,  una
               tavola che fu posta in S. Iustina all'altar di S. Luca. E dopo lavorò a
               fresco l'arco che è sopra la porta di S. Antonino dove scrisse il nome

               suo.  Fece  in  Verona  una  tavola  per  l'altare  di  S.  Cristofano  e  di  S.
               Antonio, et al canto della piazza della Paglia fece alcune figure. In S.
               Maria  in  Organo,  ai  frati  di  Monte  Oliveto,  fece  la  tavola  dell'altar

               maggiore,  che  è  bellissima,  e  similmente  quella  di  S.  Zeno.  E  fra
               l'altre  cose,  stando  in  Verona,  lavorò  e  mandò  in  diversi  luoghi  e
               n'ebbe uno abbate della Badia di Fiesole, suo amico e parente, un
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