Page 652 - Giorgio Vasari
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quale fu donato a que' padri da non so chi de' Medici, onde essi vi
hanno perciò aggiunte l'arme di papa Leone Decimo. Dicono che
ritraendo anticaglie di Roma, archi, terme, colonne, colisei, aguglie,
amfiteatri et acquidotti, era sì giusto nel disegno che le faceva a
occhio, senza regolo o seste e misure; e misurandole da poi fatte che
l'aveva, erano giustissime come se e' le avesse misurate. E ritraendo
a occhio il Coliseo, vi fece una figura ritta appiè, che misurando
quella tutto l'edificio si misurava; e fattone esperienza da' maestri
dopo la morte sua, si ritrovò giustissimo. Fece a S. Maria Nuova nel
Cimiterio, sopra una porta un S. Michele in fresco armato, bellissimo
con riverberazione d'armature poco usate inanzi a lui; et alla Badia di
Passignano, luogo de' monaci di Vall'Ombrosa, lavorò in compagnia di
David suo fratello e di Bastiano da S. Gimignano, alcune cose; dove,
trattandoli i monaci male del vivere, inanzi la venuta di Domenico si
richiamarono all'abate, pregandolo che meglio servire li facesse, non
essendo onesto che come manovali fussero trattati. Promise loro
l'abate di farlo e scusossi che questo più avveniva per ignoranza de'
foresterai che per malizia. Venne Domenico e tuttavia si continuò nel
medesimo modo, per il che David trovando un'altra volta lo abate, si
scusò dicendo che non faceva questo per conto suo, ma per li meriti e
per la virtù del suo fratello; ma lo abate, come ignorante ch'egli era,
altra risposta non fece. La sera dunque postisi a cena, venne il
forestario con una asse piena di scodelle e tortacce da manigoldi, pur
nel solito modo che l'altre volte si faceva, onde David salito in collera
rivoltò le minestre addosso al frate, e preso il pane ch'era su la tavola
et aventandoglielo, lo percosse di modo che mal vivo a la cella ne fu
portato. Lo abate che già era a letto, levatosi e corso al rumor,
credette che 'l monistero rovinasse; e trovando il frate mal concio
cominciò a contendere con David; per il che infuriato, David gli
rispose che si gli togliesse dinanzi che valeva più la virtù di Domenico
che quanti abati porci suoi pari furon mai in quel monistero; laonde lo
abate riconosciutosi, da quell'ora inanzi s'ingegnò di trattargli da
valenti uomini come egl'erano. Finita l'opera tornò a Fiorenza, et al
signor di Carpi dipinse una tavola; un'altra ne mandò a Rimino al
signor Carlo Malatesta, che la fece porre nella sua cappella in S.
Domenico. Questa tavola fu a tempera, con tre figure bellissime e