Page 651 - Giorgio Vasari
P. 651

cappella  fu  tenuta  cosa  bellissima,  grande,  garbata  e  vaga,  per  la
               vivacità  de'  colori,  per  la  pratica  e  pulitezza  del  maneggiargli  nel
               muro e per il poco essere stati ritocchi a secco, oltre la invenzione e
               collocazione  delle  cose.  E  certamente  ne  merita  Domenico  lode
               grandissima  per  ogni  conto,  e  massimamente  per  la  vivezza  delle

               teste,  le  quali  per  essere  ritratte  di  naturale  rappresentano  a  chi
               verrà le vivissime effigie di molte persone segnalate. E pel medesimo
               Giovanni  Tornabuoni  dipinse  al  Casso  Maccherelli,  sua  villa  poco

               lontana dalla città, una cappella, in sul fiume di Terzolle, oggi mezza
               rovinata per la vicinità del fiume; la quale ancor che stata molti anni
               scoperta e continuamente bagnata dalle piogge et arsa da' soli, si è
               difesa  in  modo  che  pare  stata  al  coperto:  tanto  vale  il  lavorare  in
               fresco quando è lavorato bene e con giudizio, e non a ritocco a secco.

               Fece  ancora  nel  palazzo  della  Signoria,  nella  sala  dove  è  il
               maraviglioso orologio di Lorenzo della Volpaia, molte figure di Santi
               fiorentini con bellissimi adornamenti. E tanto fu amico del lavorare e

               di satisfare ad ognuno che egli aveva commesso a' garzoni che e' si
               accettasse qualunche lavoro che capitasse a bottega se bene fussero
               cerchi  da  paniere  di  donne,  perché  non  gli  volendo  fare  essi,  gli
               dipignerebbe da sé a ciò che nessuno si partisse scontento da la sua
               bottega.  Dolevasi  bene  quando  aveva  cure  familiari,  e  per  questo

               dette a David suo fratello ogni peso di spendere dicendogli: "Lascia
               lavorare a me e tu provedi, che ora che io ho cominciato a conoscere
               il modo di quest'arte, mi duole che non mi sia allogato a dipignere a

               storie il circuito di tutte le mura della città di Fiorenza", mostrando
               così animo invitissimo e risoluto in ogni azzione. Lavorò a Lucca in S.
               Martino una tavola di S. Pietro e S. Paulo. Alla Badia di Settimo, fuor
               di Fiorenza, lavorò la facciata della maggior cappella a fresco, e nel
               tramezzo  della  chiesa  due  tavole  a  tempera.  In  Fiorenza  lavorò

               ancora  molti  tondi,  quadri  e  pitture  diverse  che  non  si  riveggono
               altrimenti per essere nelle case de' particulari. In Pisa fece la nicchia
               del Duomo allo altar maggiore e lavorò in molti luoghi di quella città,

               come  alla  facciata  dell'opera  quando  il  re  Carlo  ritratto  di  naturale
               raccomanda  Pisa;  et  in  San  Girolamo  a'  frati  Gesuati  due  tavole  a
               tempera, quella dell'altar maggiore et un'altra. Nel qual luogo ancora
               è  di  mano  del  medesimo  in  un  quadro,  S.  Rocco  e  S.  Bastiano,  il
   646   647   648   649   650   651   652   653   654   655   656