Page 632 - Giorgio Vasari
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VITA DI DON BARTOLOMEO ABBATE DI S. CLEMENTE
               MINIATORE E PITTORE



               Rade  volte  suole  avvenire  che  chi  è  d'animo  buono  e  di  vita
               esemplare, non sia dal cielo proveduto d'amici ottimi e di abitazioni
               onorate,  e  che  per  i  buoni  costumi  suoi  non  sia  vivendo  in

               venerazione,  e  morto  in  grandissimo  disiderio  di  chiunche  l'ha
               conosciuto;  come  fa  Don  Bartolomeo  della  Gatta,  abbate  di  S.
               Clemente  d'Arezzo,  il  quale  fu  in  diverse  cose  eccellente,  e
               costumatissimo  in  tutte  le  sue  azzioni.  Costui,  il  quale  fu  monaco

               degl'Agnoli  di  Firenze,  dell'Ordine  di  Camaldoli,  fu  nella  sua
               giovanezza, forse per le cagioni che di sopra si dissono nella vita di
               Don Lorenzo, miniatore singularissimo e molto pratico nelle cose del
               disegno, come di ciò possono far fede le miniature lavorate da lui per

               i monaci di S. Fiore e Lucilla nella Badia d'Arezzo, et in particolare un
               messale che fu donato a papa Sisto, nel quale era nella prima carta
               delle  segrete  una  Passione  di  Cristo  bellissima.  E  quelle  parimente
               sono di sua mano, che sono in S. Martino, Duomo di Lucca. Poco dopo

               le quali opere fu questo padre da Mariotto Maldoli aretino, Generale
               di Camaldoli, e della stessa famiglia che fu quel Maldolo il quale donò
               a S. Romualdo institutore di quell'ordine il luogo e sito di Camaldoli,
               che  si  chiamava  allora  Campo  di  Maldolo.  La  detta  Badia  di  S.

               Clemente d'Arezzo, ed egli come grato del benefizio lavorò poi molte
               cose per lo detto Generale e per la sua Religione.

               Venendo poi la peste del 1468, per la quale senza molto praticare si
               stava l'abbate, sì come facevano anco molti altri, in casa si diede a
               dipignere  figure  grandi,  e  vedendo  che  la  cosa  secondo  il  disiderio
               suo gli riusciva, cominciò a lavorare alcune cose, e la prima fu un S.

               Rocco,  che  fece  in  tavola  ai  rettori  della  Fraternita  d'Arezzo,  che  è
               oggi nell'udienza dove si ragunano; la quale figura raccomanda alla
               Nostra Donna il popolo aretino; et in questo quadro ritrasse la piazza

               di detta città e la casa pia di quella Fraternita con alcuni becchini che
               tornano da sotterrare morti. Fece anco un altro S. Rocco, similmente
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