Page 599 - Giorgio Vasari
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VITA DI MINO SCULTORE DA FIESOLE


               Quando gli artefici nostri non cercano altro, nell'opere che fanno, che

               imitare  la  maniera  del  loro  maestro  o  d'altro  eccellente,  del  quale
               piaccia  loro  il  modo  dell'operare,  o  nell'attitudini  delle  figure,  o
               nell'arie delle teste, o nel piegheggiare de' panni, e studiano quelle

               solamente,  se  bene  col  tempo  e  con  lo  studio  le  fanno  simili,  non
               arrivano però mai con questo solo a la perfezione dell'arte; avvenga
               che  manifestissimamente  si  vede  che  rare  volte  passa  inanzi  chi
               camina sempre dietro; perché la imitazione della natura è ferma nella
               maniera  di  quello  artefice  che  ha  fatto  la  lunga  pratica  diventare

               maniera. Conciò sia che l'imitazione è una ferma arte di fare apunto
               quel  che  tu  fai,  come  sta  il  più  bello  delle  cose  della  natura,
               pigliandola schietta senza la maniera del tuo maestro o d'altri; i quali

               ancora eglino ridussono in maniera le cose che tolsono da la natura.
               E se ben pare che le cose degl'artefici eccellenti siano cose naturali o
               verisimili,  non  è  che  mai  si  possa  usar  tanta  diligenza  che  si  facci
               tanto simile che elle sieno com'essa natura; né ancora, scegliendo le
               migliori, si possa fare composizion di corpo tanto perfetto che l'arte la

               trapassi; e se questo è, ne segue che le cose tolte da lei, fa le pitture
               e  le  sculture  perfette,  e  chi  studia  strettamente  le  maniere  degli
               artefici solamente e non i corpi o le cose naturali, è necessario che

               facci l'opere sue e men buone della natura e di quelle di colui da chi
               si toglie la maniera; laonde s'è visto molti de' nostri artefici non avere
               voluto studiare altro che l'opere de' loro maestri e lasciato da parte la
               natura; de' quali n'è avenuto che non le hanno apprese del tutto e
               non  passato  il  maestro  loro,  ma  hanno  fatto  ingiuria  grandissima

               all'ingegno  ch'egli  hanno  avuto,  ché  s'eglino  avessino  studiato  la
               maniera  e  le  cose  naturali  insieme,  arebbon  fatto  maggior  frutto
               nell'opere loro che e' non feciono. Come si vede nell'opere di Mino

               scultore da Fiesole, il quale avendo l'ingegno atto a far quel che e'
               voleva,  invaghito  della  maniera  di  Desiderio  da  Settignano  suo
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