Page 487 - Giorgio Vasari
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Dolse infinitamente la morte sua a' cittadini, agli artefici et a chi lo
               conobbe  vivo.  Laonde,  per  onorarlo  più  nella  morte  che  e'  non

               avevano  fatto  nella  vita,  gli  fecero  essequie  onoratissime  nella
               predetta  chiesa;  accompagnandolo  tutti  i  pittori,  gli  architetti,  gli
               scultori, gli orefici e quasi tutto il popolo di quella città. La quale non
               cessò  per  lungo  tempo  di  componere  in  sua  lode  varie  maniere  di

               versi in diverse lingue, de' quali a noi basta por questi soli che disotto
               si leggono.

               Ma  prima  che  io  venga  agl'epitaffii,  non  sarà  se  non  bene  ch'io
               racconti di lui ancor questo. Essendo egli amalato, poco inanzi che si
               morisse, l'andarono a trovare alcuni suoi parenti, e poi che l'ebbono,
               come  s'usa,  salutato  e  confortato,  gli  dissero  che  suo  debito  era

               lasciar  loro  un  podere  che  egli  aveva  in  quel  di  Prato,  ancor  che
               piccolo  fusse  e  di  pochissima  rendita,  e  che  di  ciò  lo  pregavano
               strettamente. Ciò udito Donato, che in tutte le sue cose aveva del
               buono, disse loro: "Io non posso compiacervi, parenti miei, perché io

               voglio,  e  così  mi  pare  ragionevole,  lasciarlo  al  contadino  che  l'ha
               sempre lavorato e vi ha durato fatica; e non a voi, che senza avergli
               mai  fatto  utile  nessuno,  né  altro  che  pensar  d'averlo,  vorreste  con
               questa  vostra  visita  che  io  ve  lo  lasciassi;  andate,  che  siate

               benedetti". E in verità così fatti parenti, che non hanno amore se non
               quanto  è  l'utile  o  la  speranza  di  quello,  si  deono  in  questa  guisa
               trattare.  Fatto  dunque  venire  il  notaio,  lasciò  il  detto  podere  al
               lavoratore che sempre l'aveva lavorato, e che forse nelle bisogne sue

               si era meglio, che que' parenti fatto non avevano, verso di sé portato.
               Le  cose  dell'arte  lasciò  ai  suoi  discepoli,  i  quali  furono:  Bertoldo
               scultore  fiorentino,  che  l'imitò  assai,  come  si  può  vedere  in  una
               battaglia in bronzo d'uomini a cavallo, molto bella, la quale è oggi in

               guardaroba del signor duca Cosimo, Nanni d'Anton di Banco, che morì
               inanzi a lui, il Rossellino, Disiderio e Vellano da Padoa. Et insomma
               dopo la morte di lui si può dire che suo discepolo sia stato chiunche
               ha voluto far bene di rilievo. Nel disegnar fu risoluto, e fece i suoi

               disegni con sì fatta pratica e fierezza, che non hanno pari, come si
               può  vedere  nel  nostro  libro,  dove  ho  di  sua  mano  disegnate  figure
               vestite e nude, animali, che fanno stupire chi gli vede et altre così
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