Page 486 - Giorgio Vasari
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antichità, che sono et erano in casa Medici, le quali tutte di sua mano
               acconciò.  Era  liberalissimo,  amorevole  e  cortese,  e  per  gl'amici
               migliore che per sé medesimo; né mai stimò danari, tenendo quegli
               in  una  sporta  con  una  fune  al  palco  appiccati,  onde  ogni  suo
               lavorante et amico pigliava il suo bisogno, senza dirgli nulla. Passò la

               vecchiezza allegrissimamente, e venuto in decrepità, ebbe ad essere
               soccorso da Cosimo e da altri amici suoi, non potendo più lavorare.
               Dicesi che venendo Cosimo a morte lo lasciò raccomandato a Piero

               suo figliuolo, il quale, come diligentissimo esecutore della volontà di
               suo padre, gli donò un podere in Cafaggiuolo, di tanta rendita che e'
               ne  poteva  vivere  comodamente.  Di  che  fece  Donato  festa
               grandissima, parendoli essere con questo più che sicuro di non avere
               a morir di fame. Ma non lo tenne però un anno, che ritornato a Piero,

               glielo  rinunziò  per  contratto  publico,  affermando  che  non  voleva
               perdere la sua quiete per pensare alla cura famigliare et alla molestia
               del contadino, il quale ogni terzo dì gli era intorno, quando perché il

               vento gli aveva scoperta la colombaia, quando perché gli erano tolte
               le bestie dal Commune per le gravezze, e quando per la tempesta
               che gli aveva tolto il vino e le frutte. Delle quali cose era tanto sazio
               et infastidito, che e' voleva innanzi morir di fame che avere a pensare
               a tante cose. Rise Piero della semplicità di Donato, e per liberarlo di

               questo affanno, accettato il podere, che così volle al tutto Donato, gli
               assegnò in sul banco suo una provisione della medesima rendita, o
               più, ma in danari contanti, che ogni settimana gli erano pagati per la

               rata  che  gli  toccava;  del  che  egli  sommamente  si  contentò.  E
               servitore et amico della casa de' Medici, visse lieto e senza pensieri
               tutto il restante della sua vita, ancora che conduttosi ad 83 anni, si
               trovasse tanto parletico che e' non potesse più lavorare in maniera
               alcuna,  e  si  conducesse  a  starsi  nel  letto  continovamente,  in  una

               povera  casetta  che  aveva  nella  via  del  Cocomero,  vicino  alle
               monache  di  San  Niccolò.  Dove  peggiorando  di  giorno  in  giorno,  e
               consumandosi a poco a poco, si morì il dì 13 di dicembre 1466. E fu

               sotterrato  nella  chiesa  di  San  Lorenzo,  vicino  alla  sepoltura  di
               Cosimo, come egli stesso aveva ordinato, a cagione che così gli fusse
               vicino il corpo già morto, come vivo sempre gli era stato presso con
               l'animo.
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