Page 469 - Giorgio Vasari
P. 469

cannoni, le quali, quando una molla che si abbassava era tocca, tutte
               si  nascondevano  nel  voto  della  mandorla  di  rame;  e  come  non  si
               aggravava la detta molla, tutti i lumi, per alcuni buchi di quella, si
               vedevano accesi.

               Questa  mandorla,  la  quale  era  apiccata  a  quel  canapetto,  come  il
               mazzo era arivato al luogo suo, allentato il picciol canapo da un altro

               arganetto, si moveva pian piano e veniva sul palco dove si recitava la
               festa, sopra il qual palco, dove la mandorla aveva da posarsi a punto,
               era un luogo alto a uso di residenza, con quattro gradi; nel mezzo del
               quale era una buca, dove il ferro apuntato di quella mandorla veniva

               a  diritto.  Et  essendo  sotto  la  detta  residenza  un  uomo,  arivata  la
               mandorla al luogo suo, metteva in quella, senza esser veduto, una
               chiavarda, et ella restava in piedi e ferma. Dentro la mandorla era, a
               uso d'angelo, un giovinetto di quindici anni in circa cinto nel mezzo da

               un ferro e nella mandorla da piè chiavardato in modo che non poteva
               cascare, e perché potesse ingenochiarsi, era il detto ferro di tre pezzi,
               onde  ingenochiandosi  entrava  l'un  nell'altro  agevolmente.  E  così
               quando  era  il  mazzo  venuto  giù  e  la  mandorla  postata  in  sulla

               residenza, chi metteva la chiavarda alla mandorla schiavava anco il
               ferro che reggeva l'angelo, onde egli uscito caminava per lo palco e
               giunto  dove  era  la  Vergine  la  salutava  et  annunziava.  Poi  tornato
               nella mandorla e raccesi i lumi che al suo uscirne s'erano spenti, era

               di nuovo chiavardato il ferro che lo reggeva, da colui che sotto non
               era  veduto;  e  poi  allentato  quello  che  la  teneva,  ell'era  ritirata  su,
               mentre cantando gl'angeli del mazzo e quelli del cielo che giravano,
               facevano  che  quello  pareva  propriamente  un  paradiso  e

               massimamente,  che  oltre  al  detto  coro  d'angeli  et  al  mazzo,  era  a
               canto al guscio della palla un Dio Padre circondato d'angeli simili a
               quelli detti di sopra e con ferri accomodati. Di maniera che il cielo, il
               mazzo,  il  Dio  Padre,  la  mandorla  con  infiniti  lumi  e  dolcissime

               musiche rappresentavano il Paradiso veramente. A che si aggiugneva,
               che per potere quel cielo aprire e serrare, aveva fatto fare Filippo due
               gran porte, di braccia cinque l'una per ogni verso, le quali per piano
               avevano in certi canali curri di ferro, o vero di rame, et i canali erano

               unti  talmente,  che  quando  si  tirava  con  un  arganetto  un  sottile
   464   465   466   467   468   469   470   471   472   473   474