Page 455 - Giorgio Vasari
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dell'opera, aspettavano di dovere cominciare sopra le dodici braccia e
far le volte et incatenarle essendosi cominciato a stringere la cupola
da sommo, per lo che fare erano forzati fare i ponti, acciò che i
manovali e' muratori potessino lavorare senza pericolo, atteso che
l'altezza era tale che solamente guardando allo ingiù faceva paura e
sbigotimento a ogni sicuro animo. Stavasi dunque dai muratori e
dagli altri maestri ad aspettare il modo della catena e de' ponti: né
resolvendosi niente per Lorenzo né per Filippo, nacque una
mormorazione fra i muratori e gli altri maestri, non vedendo
sollecitare come prima; e perché essi, che povere persone erano,
vivevano sopra le lor braccia, e dubitavano che né all'uno né all'altro
bastasse l'animo di andare più su con quella opera, il meglio che
sapevano e potevano, andavano trattenendosi per la fabrica,
ristoppando e ripulendo tutto quel che era murato fino allora. Una
mattina infra le altre, Filippo non capitò al lavoro, e fasciatosi il capo
entrò nel letto, e continuamente gridando si fece scaldare taglieri e
panni con una sollecitudine grande, fingendo avere mal di fianco.
Inteso questo, i maestri che stavano aspettando l'ordine di quel che
avevano a lavorare dimandarono Lorenzo quel che avevano a
seguire: rispose che l'ordine era di Filippo e che bisognava aspettare
lui. Fu chi gli disse: "Oh non sai tu l'animo suo?" "Sì", disse Lorenzo
"ma non farei niente senza esso." E questo lo disse in escusazion sua,
che non avendo visto il modello di Filippo e non gli avendo mai
dimandato che ordine e' volesse tenere, per non parer ignorante,
stava sopra di sé nel parlare di questa cosa e rispondeva tutte parole
dubbie, massimamente sapendo essere in questa opera contra la
voluntà di Filippo. Al quale durato già più di dua giorni il male, et
andato a vederlo il proveditore dell'Opera et assai capomaestri
muratori, di continuo li domandavano che dicesse quello che avevono
a fare. Et egli: "Voi avete Lorenzo, faccia un poco egli". Né altro si
poteva cavare. Laonde, sentendosi questo, nacque parlamenti e
giudizi di biasimo grandi sopra questa opera: chi diceva che Filippo si
era messo nel letto per il dolore che non gli bastava l'animo di
voltarla; e ch'e' si pentiva d'essere entrato in ballo. Et i suoi amici lo
difendevano, dicendo esser, se pure era il dispiacere, la villania
dell'avergli dato Lorenzo per compagno; ma che il suo era mal di