Page 444 - Giorgio Vasari
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cornici e levar le piante di quegli edifizii, egli e Donato continuamente
seguitando, non perdonarono né a tempo né a spesa, Né lasciarono
luogo che eglino et in Roma e fuori in campagna, non vedessino e
non misurassino tutto quello che potevano avere che fusse buono. E
perché era Filippo sciolto da le cure familiari, datosi in preda agli
studii, non si curava di suo mangiare o dormire, solo l'intento suo era
l'architettura, che già era spenta, dico gli ordini antichi buoni, e non
la todesca e barbara, la quale molto si usava nel suo tempo. Et aveva
in sé duoi concetti grandissimi: l'uno era il tornare a luce la buona
architettura, credendo egli ritrovandola, non lasciare manco memoria
di sé, che fatto si aveva Cimabue e Giotto; l'altro di trovar modo, se
e' si potesse, a voltare la cupola di Santa Maria del Fiore di Fiorenza:
le difficoltà della quale avevano fatto sì che, dopo la morte di Arnolfo
Lapi, non ci era stato mai nessuno a cui fusse bastato l'animo, senza
grandissima spesa d'armadure di legname, poterla volgere. Non
conferì però mai questa sua invenzione a Donato, né ad anima viva;
né restò che in Roma tutte le difficultà che sono nella Ritonda egli
non considerasse, sì come si poteva voltare. Tutte le volte nell'antico
aveva notato e disegnato, e sopra ciò del continuo studiava. E se per
avventura eglino avessino trovato sotterrati pezzi di capitelli,
colonne, cornici e basamenti di edifizii, eglino mettevano opere e gli
facevano cavare, per toccare il fondo. Per il che si era sparsa una
voce per Roma, quando eglino passavano per le strade, che
andavano vestiti a caso, gli chiamavano quelli del tesoro, credendo i
popoli ch'e' fussino persone che attendessino alla geomanzia per
ritrovare tesori; e di ciò fu cagione l'avere eglino trovato un giorno
una brocca antica di terra, piena di medaglie. Vennero manco a
Filippo i denari, e si andava riparando con il legare gioie a orefici suoi
amici che erano di prezzo; e così si rimase solo in Roma, perché
Donato a Fiorenza se ne tornò, et egli con maggiore studio e fatica
che prima, dietro alle rovine di quelle fabriche di continuo si
esercitava. Né restò che non fusse disegnata da lui ogni sorte di
fabbrica, tempii tondi e quadri, a otto facce, basiliche, aquidotti,
bagni, archi, colisei, anfiteatri et ogni tempio di mattoni, da' quali
cavò le cignature et incatenature, e così il girarli nelle volte; tolse
tutte le collegazioni e di pietre e di impernature e di morse; et