Page 390 - Giorgio Vasari
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Raffaello  da  Urbino,  papa  Leone  Decimo,  e  quelli  ancora  di  molte
               camere  dove  fece  l'imprese  di  quel  Pontefice;  Girolamo,  che  era  il
               minore di tutti, attese a lavorare di marmo e di terra e di bronzo, e
               già era per la concorrenza di Iacopo Sansovino, Baccio Bandinelli et
               altri maestri de' suoi tempi, fattosi valente uomo, quando da alcuni

               mercatanti  fiorentini  fu  condotto  in  Francia,  dove  fece  molte  opere
               per  lo  re  Francesco  a  Madrì,  luogo  non  molto  lontano  da  Parigi,  e
               particolarmente un palazzo con molte figure et altri ornamenti, d'una

               pietra che è come fra noi il gesso di Volterra, ma di miglior natura
               perché  è  tenera  quando  si  lavora  e  poi  col  tempo  diventa  dura.
               Lavorò ancora di terra molte cose in Orliens e per tutto quel regno
               fece  opere,  acquistandosi  fama  e  bonissime  facultà.  Dopo  queste
               cose,  intendendo  che  in  Fiorenza  non  era  rimaso  se  non  Luca  suo

               fratello, trovandosi ricco e solo al servigio del re Francesco, condusse
               ancor lui in quelle parti, per lasciarlo in credito e buono aviamento;
               ma il fatto non andò così, perché Luca in poco tempo vi si morì, e

               Girolamo di nuovo si trovò solo e senza nessuno de' suoi; per che,
               risolutosi di tornare a godersi nella patria le ricchezze che si aveva
               con  fatica  e  sudore  guadagnate,  et  anco  lasciare  in  quella  qualche
               memoria, si acconciava a vivere in Fiorenza l'anno 1553, quando fu
               quasi  forzato  mutar  pensiero;  perché,  vedendo  il  Duca  Cosimo,  dal

               quale  sperava  dovere  essere  con  onor  adoperato,  occupato  nella
               guerra di Siena, se ne tornò a morire in Francia. E la sua casa non
               solo rimase chiusa e la famiglia spenta, ma restò l'arte priva del vero

               modo  di  lavorare  gl'invetriati,  perciò  che,  se  bene  dopo  loro  si  è
               qualcuno esercitato in quella sorte di scultura, non è però niuno già
               mai  a  gran  pezza  arivato  all'eccellenza  di  Luca  vecchio,  d'Andrea  e
               degl'altri di quella famiglia.

               Onde,  se  io  mi  sono  disteso  in  questa  materia  forse  più  che  non
               pareva che bisognasse, scusimi ognuno, poiché l'avere trovato Luca

               queste nuove sculture, le quali non ebbero, che si sappia, gl'antichi
               Romani, richiedeva che, come ho fatto, se ne ragionasse allungo. E
               se, dopo la vita di Luca vecchio, ho succintamente detto alcune cose
               de' suoi descendenti che sono stati insino a' giorni nostri, ho così fatto

               per non avere altra volta a rientrare in questa materia. Luca dunque,
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