Page 333 - Giorgio Vasari
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tutta opera per colorito e per invenzione è la più bella, la più finita e
               la meglio condotta che facesse Spinello; la qual cosa da questo si può
               conoscere  che,  essendosi  benissimo  conservata,  fa  oggi  la  sua
               freschezza  maravigliare  chiunche  la  vede.  Finita  quest'opera  in
               Camposanto,  dipinse  in  una  capella  in  San  Francesco,  che  è  la

               seconda  allato  alla  maggiore,  molte  storie  di  San  Bartolomeo,  di
               Santo  Andrea,  di  San  Iacopo  e  di  San  Giovanni  Apostoli,  e  forse
               sarebbe  stato  più  lungamente  a  lavorare  in  Pisa,  perché  in  quella

               città erano le sue opere conosciute e guiderdonate, ma vedendo la
               città  tutta  sollevata  e  sotto  sopra,  per  essere  stato  dai  Lanfranchi,
               cittadini pisani, morto Messer Piero Gambacorti, di nuovo con tutta la
               famiglia, essendo già vecchio, se ne ritornò a Fiorenza, dove in un
               anno  che  vi  stette  e  non  più,  fece  in  Santa  Croce  alla  capella  de'

               Machiavelli intitolata a S. Filippo e Iacopo, molte storie d'essi Santi e
               della  vita  e  morte  loro.  E  la  tavola  della  detta  capella,  perché  era
               desideroso di tornarsene in Arezzo sua patria o per dir meglio da esso

               tenuta  per  patria,  lavorò  in  Arezzo,  e  di  là  la  mandò  finita  l'anno
               1400.

               Tornatosene dunque là d'età d'anni settantasette o più, fu dai parenti
               et amici ricevuto amorevolmente, e poi sempre carezzato et onorato
               insino alla fine di sua vita, che fu l'anno 92 di sua età. E se bene era
               molto vecchio, quando tornò in Arezzo, avendo buone facultà, arebbe

               potuto fare senza lavorare, ma non sapendo egli, come quello che a
               lavorare  sempre  era  avezzo,  starsi  in  riposo,  prese  a  fare  alla
               Compagnia  di  Santo  Agnolo  in  quella  città  alcune  storie  di  San
               Michele, le quali in su lo intonacato del muro disegnate di rossaccio,

               così  alla  grossa,  come  gl'artefici  vecchi  usavano  di  fare  il  più  delle
               volte, in un cantone, per mostra ne lavorò e colorì interamente una
               storia sola, che piacque assai. Convenutosi poi del prezzo con chi ne
               aveva  la  cura,  finì  tutta  la  facciata  dell'altar  maggiore;  nella  quale

               figurò  Lucifero  porre  la  sedia  sua  in  Aquilone,  e  vi  fece  la  rovina
               degl'Angeli, i quali in diavoli si tramutano piovendo in terra; dove si
               vede in aria un S. Michele che combatte con l'antico serpente di sette
               teste e di dieci corna, e da basso nel centro un Lucifero già mutato in

               bestia bruttissima. E si compiacque tanto Spinello di farlo orribile e
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