Page 322 - Giorgio Vasari
P. 322

Finito  questo  lavoro,  tornò  Iacopo  in  Casentino,  dove,  poi  che  in
               Pratovecchio, in Poppi et altri luoghi di quella valle ebbe fatto molte
               opere,  si  condusse  in  Arezzo,  che  allora  si  governava  da  se
               medesima,  col  consiglio  di  sessanta  cittadini  de'  più  ricchi  e  più
               onorati, alla cura de' quali era commesso tutto il reggimento; dove,

               nella  capella  principale  del  Vescovado,  dipinse  una  storia  di  S.
               Martino, e nel Duomo vecchio, oggi rovinato, pitture assai, fra le quali
               era il ritratto di Papa Innocenzo Sesto, nella capella maggiore. Nella

               chiesa poi di S. Bartolomeo, per lo capitolo de' canonici della Pieve,
               fece la facciata dov'è l'altar maggiore e la capella di S. Maria della
               Neve.  E  nella  Compagnia  vecchia  di  S.  Giovanni  de'  Peducci  fece
               molte storie di quel Santo, che oggi sono coperte di bianco. Lavorò
               similmente  nella  chiesa  di  S.  Domenico  la  capella  di  S.  Cristofano,

               ritraendovi  di  naturale  il  beato  Masuolo  che  libera  dalle  carcere  un
               mercante de' Fei che fece far quella capella; il quale beato ne' suoi
               tempi,  come  profeta,  predisse  molte  disaventure  agl'Aretini.  Nella

               chiesa di S. Agostino fece a fresco nella capella e all'altar de' Nardi,
               storie di S. Lorenzo con maniera e pratica maravigliosa. E perché si
               esercitava  anche  nelle  cose  d'architettura,  per  ordine  dei  sessanta
               sopradetti  cittadini  ricondusse  sotto  le  mura  d'Arezzo  l'acqua  che
               viene dalle radici del Poggio di Pori, vicino alla città braccia 300; la

               quale acqua al tempo de' Romani era stata prima condotta al teatro,
               di che ancora vi sono le vestigie, e da quello, che era in sul monte
               dove  oggi  è  la  fortezza,  a  l'amfiteatro  della  medesima  città,  nel

               piano; i quali edifizii e condotti furono rovinati e guasti del tutto dai
               Gotti.  Avendo  dunque,  come  s'è  detto,  fatta  venire  Iacopo
               quest'acqua sotto le mura, fece la fonte che all'ora fu chiamata fonte
               Guizianelli,  e  che  ora  è  detta,  essendo  il  vocabolo  corrotto,  fonte
               Viniziana;  la  quale  da  quel  tempo,  che  fu  l'anno  1354,  durò  insino

               all'anno 1527, e non più; perciò che la peste di quell'anno, la guerra
               che fu poi, l'averla molti a' suoi commodi tirata per uso d'orti e molto
               più il non averla Iacopo condotta dentro, sono state cagione ch'ella

               non è oggi, come doverebbe essere, in piedi. Mentre che l'acqua si
               andava  conducendo  non  lasciando  Iacopo  il  dipignere,  fece  nel
               palazzo che era nella cittadella vecchia, rovinato a' dì nostri, molte
               storie de' fatti del Vescovo Guido e di Piero Sacconi, i quali uomini in
   317   318   319   320   321   322   323   324   325   326   327