Page 288 - Giorgio Vasari
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con  alcune  altre  parole,  che  malamente  s'intendono.  Di  sotto  poi,

               nell'ornamento  di  questa  storia,  sono  nove  Angeli,  che  tengono  in
               alcune accomodate scritte, motti volgari e latini, posti in quel luogo
               da  basso,  perché  in  alto  guastavano  la  storia;  et  il  non  gli  porre
               nell'opera, pareva mal fatto all'auttore, che gli reputava bellissimi, e

               forse erano ai gusti di quell'età; da noi si lasciano la maggior parte
               per non fastidire altrui con simili cose impertinenti e poco dilettevoli,
               senzaché, essendo il più di cotali brevi cancellati, il rimanente viene a
               restare  poco  meno  che  imperfetto.  Facendo  dopo  queste  cose

               l'Orgagna  il  Giudizio,  collocò  Gesù  Cristo  in  alto  sopra  le  nuvole  in
               mezzo ai dodici suoi Apostoli, [a] giudicare i vivi et i morti, mostrando
               con  bell'arte  e  molto  vivamente,  da  un  lato  i  dolorosi  affetti  de'
               dannati,  che,  piangendo,  sono  da  furiosi  Demonii  strascinati

               all'inferno;  e  dall'altro  la  letizia  et  il  giubilo  de'  buoni,  che  da  una
               squadra d'Angeli guidati da Michele Arcangelo sono, come eletti, tutti
               festosi tirati alla parte destra de' beati. Et è un peccato veramente
               che, per mancamento di scrittori, in tanta moltitudine d'uomini togati,

               cavallieri  et  altri  signori  che  vi  sono  effigiati  e  ritratti  dal  naturale,
               come  si  vede  di  nessuno  o  di  pochissimi,  si  sappiano  i  nomi  o  chi
               furono. Ben si dice che un papa, che vi si vede, è Innocenzio Quarto,
               amico  di  Manfredi.  Dopo  quest'opera  et  alcune  sculture  di  marmo

               fatte  con  suo  molto  onore  nella  Madonna,  ch'è  in  su  la  coscia  del
               ponte  Vecchio,  lasciando  Bernardo  suo  fratello  a  lavorare  in
               Camposanto da per sé un Inferno, secondo che è descritto da Dante,
               che fu poi l'anno 1530 guasto e racconcio dal Sollazzino, pittore de'

               tempi  nostri,  se  ne  tornò  Andrea  a  Fiorenza,  dove  nel  mezzo  della
               chiesa  di  Santa  Croce  a  man  destra,  in  una  grandissima  facciata,
               dipinse  a  fresco  le  medesime  cose  che  dipinse  nel  Camposanto  di
               Pisa,  in  tre  quadri  simili,  eccetto  però  la  storia  dove  San  Macario

               mostra a' tre re la miseria umana; e la vita de' romiti, che servono a
               Dio in su quel monte. Facendo dunque tutto il resto dell'opera, lavorò
               in questa con miglior disegno e più diligenza, che a Pisa fatto non
               avea,  tenendo  nondimeno  quasi  il  medesimo  modo  nell'invenzioni,

               nelle maniere, nelle scritte e nel rimanente senza mutare altro che i
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