Page 281 - Giorgio Vasari
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scorge la speranza et il timore nel trarre de' dadi; il primo di costoro
armato sta in attitudine disagiosa, aspettando la volta sua, e si
dimostra tanto bramoso di tirare che non pare che e' senta il disagio,
l'altro inarcando le ciglia con la bocca e con gl'occhi aperti guarda i
dadi per sospetto quasi di fraude e chiaramente dimostra, a chi lo
considera, il bisogno e la voglia che egli ha di vincere; il terzo che tira
i dadi, fatto piano della veste in terra, col braccio tremolante par che
acenni ghignando voler piantargli. Similmente per le facce della
chiesa si veggono alcune storie di S. Giovanni Evangelista, e per la
città altre cose, fatte da Taddeo, che si riconoscono per di sua mano
da chi ha giudizio nell'arte. Veggonsi ancora oggi nel Vescovado,
dietro all'altare maggior, alcune storie di S. Giovanni Battista, le quali
con tanto maravigliosa maniera e disegno sono lavorate che lo fanno
tener mirabile. In S. Agostino, alla capella di S. Sebastiano allato alla
sagrestia, fece le storie di quel martire et una disputa di Cristo con i
Dottori, tanto ben lavorata e finita che è miracolo a vedere la
bellezza ne' cangianti di varie sorti e la grazia ne' colori di queste
opere finite per eccellenza. In Casentino nella chiesa del Sasso della
Vernia dipinse la capella dove S. Francesco ricevette le stimmate,
aiutato nelle cose minime da Iacopo di Casentino, che mediante
questa gita divenne suo discepolo. Finita cotale opera, insieme con
Giovanni milanese se ne tornò a Fiorenza, dove nella città e fuori
fecero tavole e pitture assaissime e d'importanza, e in processo di
tempo guadagnò tanto, facendo di tutto capitale che diede principio
alla ricchezza et alla nobiltà della sua famiglia, essendo tenuto
sempre savio et accorto uomo. Dipinse ancora in Santa Maria Novella
il capitolo, allogatogli dal prior del luogo che gli diede l'invenzione.
Bene è vero che, per essere il lavoro grande e per essersi scoperto in
quel tempo che si facevano i ponti il capitolo di Santo Spirito con
grandissima fama di Simone Memmi che l'aveva dipinto, venne voglia
al detto priore di chiamar Simone alla metà di quest'opera; per che
conferito il tutto con Taddeo, lo trovò di ciò molto contento, perciò
che amava sommamente Simone per essergli stato con Giotto
condiscepolo e sempre amorevole amico e compagno. Oh animi
veramente nobili, poiché senza emulazione, ambizione o invidia