Page 220 - Giorgio Vasari
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d'Agnolo sanesi, di qui venne che Giotto non solamente gli
commendò, e gli ebbe con molto loro contento nel numero degli
amici suoi, ma che ancora gli mise per le mani a Piero Saccone da
Pietramala, come migliori di quanti allora fussero scultori, per fare,
come si è detto nella vita d'esso Giotto, la sepoltura del vescovo
Guido, signore e vescovo d'Arezzo. E così, adunque, avendo Giotto
veduto in Orvieto l'opere di molti scultori, e giudicate le migliori
quelle d'Agostino et Agnolo sanesi, fu cagione che fu loro data a fare
la detta sepoltura, in quel modo però che egli l'aveva disegnata, e
secondo il modello che esso aveva al detto Piero Saccone mandato.
Finirono questa sepoltura Agostino et Agnolo in ispazio di tre anni, e
con molta diligenza la condussono e murarono nella chiesa del
Vescovado di Arezzo nella capella del Sagramento; sopra la cassa, la
quale posa in su certi mensoloni intagliati più che ragionevolmente, è
disteso di marmo il corpo di quel vescovo, e dalle bande sono alcuni
Angeli che tirano certe cortine assai acconciamente. Sono poi
intagliate di mezzo rilievo in quadri dodici storie della vita e fatti di
quel vescovo, con un numero infinito di figure piccole; il contenuto
delle quali storie, acciò si veggia con quanta pacienza furono
lavorate, e che questi scultori studiando cercarono la buona maniera,
non mi parrà fatica di raccontare.
Nella prima è quando aiutato dalla parte ghibellina di Milano, che gli
mandò quattrocento muratori e danari, egli rifà le mura d'Arezzo tutte
di nuovo, allungandole tanto più che non erano, che dà loro forma
d'una galea; nella seconda è la presa di Lucignano di Valdichiana;
nella terza quella di Chiusi; nella quarta quella di Fronzoli, castello
allora forte sopra Poppi, e posseduto dai figliuoli del conte di
Battifolle; nella quinta è quando il castello di Rondine, dopo essere
stato molti mesi assediato dagl'Aretini, si arrende finalmente al
vescovo; nella sesta è la presa del castello del Bucine in Valdarno;
nella settima è quando piglia per forza la Rocca di Caprese, che era
del conte di Romena, dopo averle tenuto l'assedio intorno più mesi;
nell'ottava è il vescovo che fa disfare il castello di Laterino e tagliare
in croce il poggio che gli è sopra posto, acciò non vi si possa far più
fortezza; nella nona si vede che rovina e mette a fuoco e fiamma il