Page 223 - Giorgio Vasari
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palagio della Signoria. Per che, datone cura ad Agostino et Agnolo,

               eglino condussono per canali di piombo e di terra, ancor che molto
               difficile  fusse,  l'acqua  di  quella  fonte,  la  quale  cominciò  a  gettare
               l'anno  1343  a  dì  primo  di  giugno,  con  molto  piacere  e  contento  di
               tutta la città, che restò per ciò molto obligata alla virtù di questi due

               suoi  cittadini.  Nel  medesimo  tempo  si  fece  la  sala  del  consiglio
               maggiore nel palazzo del publico; e così fu con ordine e col disegno
               dei medesimi condotta al suo fine la torre del detto palazzo l'anno

               1344, e postovi sopra due campane grandi, delle quali una ebbono da
               Grosseto e l'altra fu fatta in Siena.

               Trovandosi finalmente Agnolo nella città d'Ascesi, dove nella chiesa di
               sotto di S. Francesco fece una capella e una sepoltura di marmo per
               un fratello di Napoleone Orsino, il quale essendo cardinale e frate di
               S.  Francesco,  s'era  morto  in  quel  luogo;  Agostino,  che  a  Siena  era

               rimaso  per  servigio  del  publico,  si  morì  mentre  andava  facendo  il
               disegno  degl'ornamenti  della  detta  fonte  di  piazza,  e  fu  in  Duomo
               orrevolmente sepellito. Non ho già trovato, e però non posso alcuna
               cosa dirne, né come né quando morisse Agnolo, né manco altre opere

               d'importanza di mano di costoro, e però sia questo il fine della vita
               loro.

               Ora,  perché  sarebbe  senza  dubbio  errore,  seguendo  l'ordine  de'
               tempi,  non  fare  menzione  d'alcuni,  che  sebbene  non  hanno  tante
               cose  adoperato  che  si  possa  scrivere  tutta  la  vita  loro,  hanno
               nondimeno in qualche cosa aggiunto commodo e bellezza all'arte e al

               mondo,  pigliando  occasione  da  quello  che  di  sopra  si  è  detto  del
               Vescovado  d'Arezzo  e  della  Pieve,  dico  che  Pietro  e  Paolo  orefici
               aretini, i quali impararono a disegnare da Agnolo et Agostino sanesi,
               furono  i  primi  che  di  cesello  lavorarono  opere  grande  di  qualche

               bontà; perciò che per un arciprete della Pieve d'Arezzo condussono
               una  testa  d'argento  grande  quanto  il  vivo,  nella  quale  fu  messa  la
               testa di S. Donato vescovo e protettore di quella città: la quale opera
               non  fu  se  non  lodevole,  sì  perché  in  essa  feciono  alcune  figure

               smaltate assai belle et altri ornamenti, e sì perché fu delle prime cose
               che fussero, come si è detto, lavorate di cesello.

               Quasi ne' medesimi tempi o poco inanzi, l'Arte di Calimara di Firenze
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