Page 219 - Giorgio Vasari
P. 219

d'attendere  alla  scultura:  anzi  prima  che  Agostino  a  ciò  avesse
               pensato, aveva fatto Agnolo nascosamente alcune cose.

               Trovandosi  dunque  Agostino  a  lavorare  con  Giovanni  la  tavola  di
               marmo dell'altar maggiore del Vescovado d'Arezzo, della quale si è
               favellato  di  sopra,  fece  tanto,  che  vi  condusse  il  detto  Agnolo  suo
               fratello, il quale si portò di maniera in quell'opera, che finita ch'ella

               fu, si trovò avere nell'eccellenza dell'arte raggiunto Agostino. La qual
               cosa  conosciuta  da  Giovanni,  fu  cagione  che  dopo  questa  opera  si
               servì dell'uno e dell'altro in molti altri suoi lavori, che fece in Pistoia,
               in  Pisa,  et  in  altri  luoghi.  E  perché  attesero  non  solamente  alla

               scultura  ma  all'architettura  ancora,  non  passò  molto  tempo  che
               reggendo in Siena i Nove, fece Agostino il disegno del loro palazzo in
               Malborghetto, che fu l'anno 1308. Nel che fare si acquistò tanto nome
               nella patria, che, ritornati in Siena dopo la morte di Giovanni, furono

               l'uno e l'altro fatti architetti del publico; onde poi l'anno 1317 fu fatta
               per loro ordine la facciata del Duomo che è volta a settentrione, e
               l'anno 1321, col disegno de' medesimi, si cominciò a murare la porta
               Romana in quel modo che ell'è oggi, e fu finita l'anno 1326; la qual

               porta si chiamava prima porta S. Martino. Rifeciono anco la porta a
               Tufi, che prima si chiamava la porta di S. Agata all'arco.

               Il medesimo anno fu cominciata col disegno degli stessi Agostino et
               Agnolo  la  chiesa  e  convento  di  S.  Francesco,  intervenendovi  il
               cardinale  di  Gaeta  legato  apostolico.  Né  molto  dopo  per  mezzo
               d'alcuni  de'  Tolomei,  che  come  esuli  si  stavano  a  Orvieto,  furono

               chiamati Agostino et Agnolo a fare alcune sculture per l'opera di S.
               Maria di quella città. Per che andati là, fecero di scultura in marmo
               alcuni  profeti,  che  sono  oggi,  fra  l'altre  opere  di  quella  facciata,  le
               migliori e più proporzionate di quell'opera tanto nominata.

               Ora, avvenne l'anno 1326, come si è detto nella sua vita, che Giotto

               fu chiamato per mezzo di Carlo duca di Calavria, che allora dimorava
               in Fiorenza, a Napoli, per fare al re Ruberto alcune cose in S. Chiara
               et altri luoghi di quella città: onde passando Giotto nell'andar là da
               Orvieto  per  veder  l'opere,  che  da  tanti  uomini  vi  si  erano  fatte  e

               facevano  tuttavia,  che  egli  volle  veder  minutamente  ogni  cosa.  E
               perché più che tutte l'altre sculture gli piacquero i profeti d'Agostino e
   214   215   216   217   218   219   220   221   222   223   224