Page 211 - Giorgio Vasari
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Firenze dipinse il Comune rubato da molti, dove in forma di giudice

               con lo scettro in mano lo figurò a sedere, e sopra la testa gli pose le
               bilance  pari  per  le  giuste  ragioni  ministrate  da  esso,  aiutato  da
               quattro  virtù,  che  sono  la  Fortezza  con  l'animo,  la  Prudenza  con  le
               leggi, la Giustizia con l'armi e la Temperanza con le parole: pittura

               bella et invenzione propria e verissimile.

               Appresso,  andato  di  nuovo  a  Padoa,  oltre  a  molte  altre  cose  e
               cappelle  ch'egli  vi  dipinse,  fece  nel  luogo  dell'Arena  una  Gloria
               mondana,  che  gl'arrecò  molto  onore  e  utile.  Lavorò  anco  in  Milano
               alcune cose che sono sparse per quella città, e che insino a oggi sono

               tenute bellissime.
               Finalmente tornato da Milano, non passò molto che, avendo in vita

               fatto  tante  e  tanto  bell'opere,  et  essendo  stato  non  meno  buon
               cristiano che eccellente pittore, rendé l'anima a Dio l'anno 1336, con
               molto dispiacere di tutti i suoi cittadini, anzi di tutti coloro che non
               pure l'avevano conosciuto, ma udito nominare: e fu sepellito, sì come

               le sue virtù meritavano, onoratamente, essendo stato in vita amato
               da  ognuno,  e  particolarmente  dagli  uomini  eccellenti  in  tutte  le
               professioni; perché oltre a Dante, di cui avemo di sopra favellato, fu
               molto onorato dal Petrarca, egli e l'opere sue: intanto che si legge nel

               testamento suo ch'egli lascia al signor Francesco da Carrara signor di
               Padoa, fra l'altre cose da lui tenute in somma venerazione, un quadro
               di man di Giotto drentovi una Nostra Donna, come cosa rara e stata a
               lui gratissima. E le parole di quel capitolo del testamento dicono così:

               "Transeo ad dispositionem aliarum rerum; et praedicto igitur domino
               meo  Paduano,  quia  et  ipse  per  Dei  gratiam  non  eget,  et  ego  nihil
               aliud habeo dignum se, mitto tabulam meam sive historiam Beatae
               Virginis Mariae operis Jocti pictoris egregii, quae mihi ab amico meo

               Michaele  Vannis  de  Florentia  missa  est,  in  cuius  pulchritudinem
               ignorantes non intelligunt, magistri autem artis stupent: hanc iconam
               ipsi domino lego, ut ipsa Virgo benedicta sibi sit propitia apud filium
               suum  Jesum  Christum  etc.".  Et  il  medesimo  Petrarca,  in  una  sua

               epistola  latina  nel  quinto  libro  delle  Familiari,  dice  queste  parole:
               "Atque (ut a veteribus ad nova, ab externis ad nostra transgrediar),
               duos  ego  novi  pictores  egregios,  nec  formosos,  Iottum  Florentinum
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