Page 209 - Giorgio Vasari
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tiene in gran venerazione insieme con alcune altre cose che ha di
mano del medesimo Giotto; il quale lavorò tante cose che
raccontandole non si crederebbe.
E non sono molti anni, che trovandomi io all'eremo di Camaldoli, dove
ho molte cose lavorato a que' reverendi padri, vidi in una cella (e vi
era stato portato dal molto reverendo don Antonio da Pisa, allora
Generale della congregazione di Camaldoli) un Crucifisso piccolo in
campo d'oro, e col nome di Giotto di sua mano, molto bello: il quale
Crucifisso si tiene oggi, secondo che mi dice il reverendo don Silvano
Razzi, monaco camaldolese, nel monasterio degl'Angeli di Firenze,
nella cella del maggiore, come cosa rarissima per essere di mano di
Giotto, et in compagnia d'un bellissimo quadretto di mano di Raffaello
da Urbino.
Dipinse Giotto ai frati Umiliati d'Ognissanti di Firenze una cappella e
quattro tavole, e fra l'altre in una la Nostra Donna con molti angeli
intorno e col Figliuolo in braccio, et un Crucifisso grande in legno; dal
quale Puccio Capanna pigliando il disegno, ne lavorò poi molti per
tutta Italia, avendo molto in pratica la maniera di Giotto. Nel
tramezzo di detta chiesa era, quando questo libro delle Vite de'
pittori, scultori e architetti si stampò la prima volta, una tavolina a
tempera stata dipinta da Giotto con infinita diligenza, dentro la quale
era la morte di Nostra Donna con gl'Apostoli intorno, e con un Cristo
che in braccio l'anima di lei riceveva. Questa opera dagl'artefici pittori
era molto lodata, e particolarmente da Michelagnolo Buonarroti, il
quale affermava, come si disse altra volta, la proprietà di questa
istoria dipinta non potere essere più simile al vero di quello ch'ell'era.
Questa tavoletta, dico, essendo venuta in considerazione, da che si
diede fuora la prima volta il libro di queste Vite, è stata poi levata via
da chi che sia: che forse per amor dell'arte e per pietà, parendogli
che fusse poco stimata, si è fatto, come disse il nostro poeta,
spietato. E veramente fu in que' tempi un miracolo, che Giotto avesse
tanta vaghezza nel dipignere, considerando massimamente che egli
imparò l'arte, in un certo modo, senza maestro.
Dopo queste cose mise mano l'anno 1334 a dì 9 di luglio al campanile
di S. Maria del Fiore; il fondamento del quale fu, essendo stato