Page 206 - Giorgio Vasari
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Onde  dicendogli  un  giorno  il  re,  che  voleva  farlo  il  primo  uomo  di

               Napoli, rispose Giotto: "E perciò sono io alloggiato a Porta Reale: per
               esser il primo di Napoli". Un'altra volta dicendogli il re: "Giotto, se io
               fussi in te, ora che fa caldo, tralascerei un poco il dipignere", rispose:
               "Et io certo, s'io fussi voi".

               Essendo  dunque  al  re  molto  grato,  gli  fece,  in  una  sala  che  il  re

               Alfonso Primo rovinò per fare il castello, e così nell'Incoronata, buon
               numero  di  pitture,  e  fra  l'altre  della  detta  sala  vi  erano  i  ritratti  di
               molti uomini famosi, e fra essi quello di esso Giotto; al quale avendo
               un giorno per capriccio chiesto il re, che gli dipignesse il suo reame,

               Giotto, secondo che si dice, gli dipinse un asino imbastato che teneva
               ai  piedi  un  altro  basto  nuovo,  e  fiutandolo  facea  sembiante  di
               desiderarlo, et in su l'uno e l'altro basto nuovo era la corona reale e
               lo  scettro  della  podestà:  onde  dimandato  Giotto  dal  re,  quello  che

               cotale pittura significasse, rispose, tale i sudditi suoi essere e tale il
               regno, nel quale ogni giorno nuovo Signore si desidera.

               Partito Giotto da Napoli per andare a Roma, si fermò a Gaeta, dove
               gli fu forza nella Nunziata far di pittura alcune storie del Testamento
               Nuovo, oggi guaste dal tempo, ma non però in modo che non vi si
               veggia  benissimo  il  ritratto  d'esso  Giotto  appresso  a  un  Crucifisso

               grande  molto  bello.  Finita  quest'opera,  non  potendo  ciò  negare  al
               signor Malatesta, prima si trattenne per servigio di lui alcuni giorni in
               Roma,  e  di  poi  se  n'andò  a  Rimini,  della  qual  città  era  il  detto
               Malatesta signore, e lì nella chiesa di S. Francesco fece moltissime

               pitture, le quali poi da Gismondo figliuolo di Pandolfo Malatesti, che
               rifece  tutta  la  detta  chiesa  di  nuovo,  furono  gettate  per  terra  e
               rovinate.

               Fece ancora nel chiostro di detto luogo all'incontro della facciata della
               chiesa in fresco l'istoria della beata Michelina, che fu una delle più

               belle ed eccellenti cose che Giotto facesse già mai, per le molte e
               belle  considerazioni  che  egli  ebbe  nel  lavorarla;  perché  oltr'alla
               bellezza  de'  panni  e  la  grazia  e  vivezza  delle  teste  che  sono
               miracolose, vi è, quanto può donna esser bella, una giovane, la qual

               per liberarsi dalla calunnia dell'adulterio, giura sopra un libro in atto
               stupendissimo,  tenendo  fissi  gl'occhi  suoi  in  quelli  del  marito,  che
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