Page 205 - Giorgio Vasari
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legno, un Crucifisso grande a tempera, che è oggi nel mezzo di quella
chiesa, se ne ritornò finalmente in Firenze, dove fra l'altre cose, che
furono molte, fece nel monasterio delle Donne di Faenza alcune
pitture et in fresco et a tempera, che oggi non sono in essere per
esser rovinato quel monasterio.
Similmente l'anno 1322, essendo l'anno innanzi con suo molto
dispiacere morto Dante suo amicissimo, andò a Lucca, et a richiesta
di Castruccio, Signore allora di quella città sua patria, fece una tavola
in S. Martino, drentovi un Cristo in aria e quattro Santi protettori di
quella città, cioè S. Piero, S. Regolo, S. Martino e S. Paulino, i quali
mostrano di raccomandare un Papa et un Imperator: i quali, secondo
che per molti si crede, sono Federigo Bavaro e Nicola Quinto
antipapa. Credono parimente alcuni che Giotto disegnasse a S.
Fridiano nella medesima città di Lucca il castello e fortezza della
Giusta, che è inespugnabile.
Dopo, essendo Giotto ritornato in Firenze, Ruberto re di Napoli scrisse
a Carlo duca di Calavria suo primogenito, il quale si trovava in
Firenze, che per ogni modo gli mandasse Giotto a Napoli, perciò che
avendo finito di fabricare S. Chiara monasterio di donne e chiesa
reale, voleva che da lui fusse di nobile pittura adornata. Giotto
adunque sentendosi da un re tanto lodato e famoso chiamare, andò
più che volentieri a servirlo, e giunto, dipinse in alcune capelle del
detto monasterio molte storie del Vecchio Testamento e Nuovo. E le
storie de l'Apocalisse che fece in una di dette capelle, furono, per
quanto si dice, invenzione di Dante, come per avventura furono anco
quelle tanto lodate d'Ascesi, delle quali si è di sopra a bastanza
favellato; e sebbene Dante in questo tempo era morto, potevano
averne avuto, come spesso avviene fra gli amici, ragionamento. Ma
per tornare a Napoli, fece Giotto nel Castello dell'Uovo molte opere, e
particolarmente la capella che molto piacque a quel re, dal quale fu
tanto amato, che Giotto molte volte lavorando si trovò essere
trattenuto da esso re, che si pigliava a piacere di vederlo lavorare e
d'udire i suoi ragionamenti; e Giotto, che aveva sempre qualche
motto alle mani e qualche risposta arguta in pronto, lo tratteneva con
la mano dipignendo, e con ragionamenti piacevoli motteggiando.