Page 204 - Giorgio Vasari
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quali, essendo per la maggior parte guasti, non dirò altro. Le lodi
dunque, date universalmente dagli artefici a quest'opera, se le
convengono.
Avendo poi Giotto nella Minerva, chiesa de' frati Predicatori, dipinto in
una tavola un Crucifisso grande colorito a tempera, che fu allora
molto lodato, se ne tornò, essendone stato fuori sei anni, alla patria.
Ma essendo non molto dopo creato papa Clemente Quinto in Perugia,
per esser morto papa Benedetto Nono, fu forzato Giotto andarsene
con quel Papa là dove condusse la corte, in Avignone, per farvi alcune
opere; per che andato, fece, non solo in Avignone, ma in molti altri
luoghi di Francia, molte tavole e pitture a fresco bellissime, le quali
piacquero infinitamente al Pontefice e a tutta la corte. Laonde,
spedito che fu, lo licenziò amorevolmente e con molti doni; onde se
ne tornò a casa non meno ricco che onorato e famoso, e fra l'altre
cose recò il ritratto di quel Papa, il quale diede poi a Taddeo Gaddi
suo discepolo: e questa tornata di Giotto in Firenze fu l'anno 1316.
Ma non però gli fu conceduto fermarsi molto in Firenze; perché
condotto a Padoa per opera de' Signori della Scala, dipinse nel Santo,
chiesa stata fabricata in que' tempi, una capella bellissima. Di lì andò
a Verona, dove a messer Cane fece nel suo palazzo alcune pitture e
particolarmente il ritratto di quel Signore; e ne' frati di S. Francesco
una tavola. Compiute queste opere, nel tornarsene in Toscana gli fu
forza fermarsi in Ferrara, e dipignere in servigio di que' Signori Estensi
in palazzo, et in S. Agostino alcune cose che ancora oggi vi si
veggiono.
Intanto venendo agli orecchi di Dante poeta fiorentino che Giotto era
in Ferrara, operò di maniera che lo condusse a Ravenna, dove egli si
stava in esilio, e gli fece fare in S. Francesco per i Signori da Polenta
alcune storie in fresco intorno alla chiesa, che sono ragionevoli.
Andato poi da Ravenna a Urbino, ancor quivi lavorò alcune cose. Poi
occorrendogli passar per Arezzo, non potette non compiacere Piero
Saccone che molto l'aveva carezzato, onde gli fece in un pilastro della
capella maggiore del Vescovado in fresco un S. Martino, che tagliatosi
il mantello nel mezzo, ne dà una parte a un povero che gli è inanzi
quasi tutto ignudo. Avendo poi fatto nella Badia di Santa Fiora, in