Page 1983 - Giorgio Vasari
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col ritratto de' figliuoli, tutti di naturale; e così sono insomma quella
               di Lorenzo Vecchio, quella di papa Leone suo figliuolo, quella di papa
               Clemente, quella del signor Giovanni padre di sì gran Duca, quella di
               esso  signor  duca  Cosimo.  Nella  cappella  è  un  bellissimo  e  gran
               quadro  di  mano  di  Raffaello  da  Urbino,  in  mezzo  a  S.  Cosimo  e

               Damiano mie pitture, nei quali è detta cappella intitolata; così delle
               stanze poi di sopra dipinte alla signora duchessa Leonora, che sono
               quattro, sono azzioni di donne illustri, greche, ebree, latine e toscane,

               a  ciascuna  camera  una  di  queste;  perché  oltre  che  altrove  n'ho
               ragionato,  se  ne  dirà  pienamente  nel  Dialogo  che  tosto  daremo  in
               luce, come s'è detto, che il tutto qui raccontare sarebbe stato troppo
               lungo. Delle quali mie fatiche ancora che continue, difficili e grandi,
               ne fui dalla magnanima liberalità di sì gran Duca, oltre alle provisioni,

               grandemente  e  largamente  rimunerato  con  donativi,  e  di  case
               onorate  e  comode  in  Fiorenza  et  in  villa,  perché  io  potessi  più
               agiatamente  servirlo;  oltre  che  nella  patria  mia  d'Arezzo  mi  ha

               onorato  del  supremo  magistrato  del  Gonfalonieri  et  altri  ufizii  con
               facultà che io possa sostituire in quegli un de' cittadini di quel luogo,
               senza che a ser Piero mio fratello ha dato in Fiorenza ufizi d'utile, e
               parimente a' mia parenti d'Arezzo favori eccessivi, là dove io non sarò
               mai per le tante amorevolezze sazio di confessar l'obligo che io tengo

               con questo signore.

               E  tornando  all'opere  mie  dico  che  pensò  questo  eccellentissimo
               signore di mettere ad esecuzione un pensiero avuto già gran tempo,
               di dipignere la sala grande, concetto degno della altezza e profondità
               dell'ingegno suo, né so se, come dicea, credo burlando meco, perché

               pensava certo che io ne caverei le mani, et a' dì suoi la vederebbe
               finita, o pur fusse qualche altro suo segreto, e, come sono stati tutti
               e'  suoi,  prudentissimo  giudizio.  L'effetto  insomma  fu  che  mi
               commesse  che  si  alzassi  i  cavalli  et  il  tetto  più  di  quel  che  gl'era

               braccia tredici, e si facessi il palco di legname, e si mettessi d'oro, e
               dipignessi pien di storie a olio: impresa grandissima, importantissima
               e se non sopra l'animo forse sopra le forze mie; ma o che la fede di
               quel gran signore, e la buona fortuna che gl'ha in tutte le cose, mi

               facessi da più di quel che io sono, o che la speranza e l'occasione di sì
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