Page 1973 - Giorgio Vasari
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et a' lettori forse non grato udir tante minuzie.
               Intanto  essendosi  fornita  di  murare  la  mia  casa  d'Arezzo,  et  io

               tornatomi a casa, feci i disegni per dipignere la sala, tre camere e la
               facciata, quasi per mio spasso di quella state. Nei quali disegni feci
               fra  l'altre  cose  tutte  le  provincie  e  luoghi  dove  io  aveva  lavorato,
               quasi come portassino tributi, per i guadagni che avea fatto con esso

               loro, a detta mia casa; ma nondimeno per allora non feci altro che il
               palco della sala, il quale è assai ricco di legnami, con tredici quadri
               grandi, dove sono gli dei celesti, et in quattro angoli i quattro tempi
               dell'anno  ignudi,  i  quali  stanno  a  vedere  un  gran  quadro,  che  è  in

               mezzo, dentro al quale sono in figure grandi quanto il vivo la Virtù,
               che ha sotto i piedi l'Invidia e, presa la Fortuna per i capegli, bastona
               l'una e l'altra; e quello che molto allora piacque si fu che in girando la
               sala attorno, et essendo in mezzo la Fortuna, viene talvolta l'Invidia a

               esser sopra essa Fortuna e Virtù, e d'altra parte la Virtù sopra l'Invidia
               e  Fortuna,  sì  come  si  vede  che  aviene  spesse  volte  veramente.
               Dintorno  nelle  facciate  sono  la  Copia,  la  Liberalità,  la  Sapienza,  la
               Prudenza, la Fatica, l'Onore et altre cose simili, e sotto attorno girano

               storie di pittori antichi, di Apelle, di Zeusi, Parrasio, Protogene et altri
               con varii partimenti e minuzie, che lascio per brevità. Feci ancora nel
               palco d'una camera di legname intagliato, Abram in un gran tondo, di
               cui  Dio  benedice  il  seme  e  promette  multiplicherà  in  infinito,  et  in

               quattro  quadri,  che  a  questo  tondo  sono  intorno,  feci  la  Pace,  la
               Concordia,  la  Virtù  e  la  Modestia,  e  perché  adorava  sempre  la
               memoria  e  le  opere  degli  antichi,  vedendo  tralasciare  il  modo  di
               colorire  a  tempera,  mi  venne  voglia  di  risuscitare  questo  modo  di

               dipignere, e la feci tutta a tempera; il qual modo per certo non merita
               d'esser  affatto  dispregiato  o  tralasciato;  et  all'entrar  della  camera
               feci, quasi burlando, una sposa, che ha in una mano un rastrello, col
               quale mostra avere rastrellato e portato seco quanto ha mai potuto

               dalla casa del padre, e nella mano che va innanzi, entrando in casa il
               marito ha un torchio acceso, mostrando di portare dove va il fuoco,
               che consuma e distrugge ogni cosa.

               Mentre che io mi stava così passando tempo, venuto l'anno 1548, don
               Giovan  Benedetto  da  Mantoa,  abate  di  Santa  Fiore  e  Lucilla
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