Page 1971 - Giorgio Vasari
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sanza che quando pure io facessi, farei il più più un trattatetto simile
a quello di Plinio; fate quel ch'io vi dico, Vasari, perché veggio che è
per riuscirvi bellissimo, ché saggio dato me ne avete in questa
narrazione". Ma parendogli che io a ciò fare non fussi molto risoluto
me lo fé dire al Caro, al Molza, al Tolomei et altri miei amicissimi; per
che risolutomi finalmente, vi misi mano con intenzione, finita che
fusse, di darla a uno di loro, che rivedutola et acconcia, la mandasse
fuori sotto altro nome che il mio.
Intanto partito di Roma l'anno 1546 del mese d'ottobre, e venuto a
Fiorenza, feci alle monache del famoso monasterio delle Murate, in
tavola a olio, un Cenacolo per lo loro refettorio, la quale opera mi fu
fatta fare e pagata da papa Paulo Terzo, che aveva monaca in detto
monasterio una sua cognata, stata contessa di Pitigliano. E dopo feci
in un'altra tavola la Nostra Donna che ha Cristo fanciullo in collo, il
quale sposa Santa Caterina vergine e martire, e due altri Santi; la
qual tavola mi fece fare Messer Tomaso Cambi per una sua sorella
allora badessa nel monasterio del Bigallo fuor di Fiorenza. E quella
finita feci a monsignor de' Rossi de' conti di San Secondo e vescovo di
Pavia due quadri grandi a olio: in uno è San Ieronimo e nell'altro una
Pietà, i quali amendue furono mandati in Francia. L'anno poi 1547,
fini' del tutto per lo Duomo di Pisa, ad instanza di Messer Bastiano
della Seta Operaio, un'altra tavola che aveva cominciata; e dopo a
Simon Corsi mio amicissimo un quadro grande a olio d'una Madonna.
Ora, mentre che io faceva quest'opere, avendo condotto a buon
termine il libro delle vite degl'artefici del disegno, non mi restava
quasi altro a fare che farlo trascrivere in buona forma, quando a
tempo mi venne alle mani don Gian Matteo Faetani da Rimini,
monaco di Monte Oliveto, persona di lettere e d'ingegno, perché io gli
facessi alcun'opere nella chiesa e monasterio di Santa Maria di Scolca
d'Arimini, là dove egli era abate. Costui dunque, avendomi promesso
di farlami trascrivere a un suo monaco eccellente scrittore e di
correggerla egli stesso, mi tirò ad Arimini a fare, per questa
comodità, la tavola et altar maggiore di detta chiesa, che è lontana
dalla città circa tre miglia. Nella qual tavola feci i Magi che adorano
Cristo, con una infinità di figure da me condotte in quel luogo