Page 1969 - Giorgio Vasari
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nicchia, la Copia con due Vittorie, che tengono l'effigie di Vespasiano.
               E nel mezzo è la Religione cristiana in un'altra nicchia che divide l'una
               storia dall'altra, e sopra le sono due Vittorie, che tengono la testa di
               Numa Pompilio. E l'arme che è sopra questa istoria è del cardinal San
               Giorgio,  che  già  fabricò  quel  palazzo.  Nell'altra  storia,  che  è

               dirimpetto alle spedizioni della corte, è la pace universale fatta fra i
               cristiani  per  mezzo  di  esso  papa  Paulo  Terzo,  e  massimamente  fra
               Carlo Quinto imperatore e Francesco re di Francia che vi son ritratti. E

               però vi si vede la Pace abruciar l'arme, chiudersi il tempio di Iano, et
               il Furor incatenato. Delle due nicchie grandi, che mettono in mezzo la
               storia, in una è la Concordia, con due Vittorie sopra, che tengono la
               testa di Tito imperadore e nell'altra è la Carità con molti putti. Sopra
               la nicchia tengono due Vittorie la testa d'Augusto, e nel fine è l'arme

               di Carlo Quinto tenuta dalla Vittoria e dalla Ilarità, e tutta quest'opera
               è piena d'inscrizioni e motti bellissimi fatti dal Giovio; et in particolare
               ve  n'ha  uno  che  dice  quelle  pitture  essere  state  tutte  condotte  in

               cento giorni.
               Il  che  io  come  giovane  feci,  come  quegli  che  non  pensai  se  non  a

               servire quel signore, che come ho detto desiderava averla finita per
               un  suo  servizio,  in  quel  tempo.  E  nel  vero,  se  bene  io  m'affaticai
               grandemente  in  far  cartoni  e  studiare  quell'opera,  io  confesso  aver
               fatto errore in metterla poi in mano di garzoni per condurla più presto

               come  mi  bisognò  fare,  perché  meglio  sarebbe  stato  aver  penato
               cento mesi et averla fatta di mia mano. Perciò che se bene io non
               l'avessi fatta in quel modo che arei voluto per servizio del cardinale et
               onor mio, arei pure avuto quella satisfazione d'averla condotta di mia

               mano. Ma questo errore fu cagione che io mi risolvei a non far più
               opere, che non fussero da me stesso del tutto finite sopra la bozza di
               mano  degl'aiuti,  fatta  con  i  disegni  di  mia  mano.  Si  fecero  assai
               pratichi  in  quest'opera  Bizzera  e  Roviale  spagnuoli,  che  assai  vi

               lavorarono con esso meco, e Batista Bagnacavallo bolognese, Bastian
               Flori aretino, Giovanpaolo dal Borgo e fra' Salvadore Foschi d'Arezzo,
               e molti altri miei giovani.

               In questo tempo andando io spesso la sera, finita la giornata, a veder
               cenare  il  detto  illustrissimo  cardinal  Farnese,  dove  erano  sempre  a
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