Page 1964 - Giorgio Vasari
P. 1964

Ma  non  ebbi  sì  tosto  condotto  questa  al  suo  fine,  che  l'Operaio  di

               detto  Duomo  mi  diede  a  fare  un'altra.  Nella  quale  perché  aveva
               andare similmente la Nostra Donna, per variare dall'altra, feci essa
               Madonna con Cristo morto a' piè della croce posato in grembo a lei, i
               ladroni in alto sopra le croci, e con le Marie e Niccodemo che sono

               intorno, accomodati i Santi titolari di quelle cappelle che tutti fanno
               componimento e vaga la storia di quella tavola.

               Di nuovo tornato a Roma l'anno 1544, oltre a molti quadri che feci a
               diversi amici, de' quali non accade far memoria, feci un quadro d'una
               Venere  col  disegno  di  Michelagnolo  a  Messer  Bindo  Altoviti  che  mi

               tornavo  seco  in  casa,  e  dipinsi  per  Galeotto  da  Girone  mercante
               fiorentino  in  una  tavola  a  olio  Cristo  deposto  di  croce,  la  quale  fu
               posta nella chiesa di Santo Agostino di Roma alla sua cappella. Per la
               quale tavola poter fare con mio commodo, insieme alcun'opere che

               mi aveva allogato Tiberio Crispo castellano di Castel Sant'Agnolo, mi
               era ritirato da me in Trastevere, nel palazzo, che già murò il vescovo
               Adimari,  sotto  Santo  Onofrio,  che  poi  è  stato  fornito  da  Salviati  il
               secondo. Ma sentendomi indisposto e stracco da infinite fatiche, fui

               forzato tornarmene a Fiorenza, dove feci alcuni quadri, e fra gl'altri
               uno in cui era Dante, Petrarca, Guido Cavalcanti, il Boccaccio, Cino da
               Pistoia  e  Guittone  d'Arezzo,  il  quale  fu  poi  di  Luca  Martini,  cavato
               dalle teste antiche loro accuratamente, del quale ne sono state fatte

               poi molte copie.
               Il  medesimo  anno  1544  condotto  a  Napoli  da  don  Giammateo

               d'Anversa generale de' monaci di Monte Oliveto, perch'io dipignessi il
               refettorio d'un loro monasterio fabricato dal re Alfonso Primo, quando
               giunsi  fui  per  non  accettare  l'opera,  essendo  quel  refettorio  e  quel
               monastero fatto d'architettura antica e con le volte a quarti acuti, e

               basse, e cieche di lumi, dubitando di non avere ad acquistarvi poco
               onore. Pure astretto da don Miniato Pitti e da don Ipolito da Milano
               miei amicissimi et allora visitatori di quell'Ordine, accettai finalmente
               l'impresa. Là dove, conoscendo di non poter fare cosa buona, se non

               con gran copia d'ornamenti, gl'occhi abagliando di chi avea a vedere
               quell'opera, con la varietà di molte figure, mi risolvei a fare tutte le
               volte  di  esso  refettorio  lavorate  di  stucchi  per  levar  via  con  ricchi
   1959   1960   1961   1962   1963   1964   1965   1966   1967   1968   1969