Page 1963 - Giorgio Vasari
P. 1963

scultore et architetto che sia stato a' tempi nostri e forse de' nostri

               passati;  per  mezzo  anco  di  questo  quadro,  fui,  mostrandogliele  il
               Giovio e Messer Bindo, conosciuto dall'illustrissimo cardinale Farnese,
               al  quale  feci  sì  come  volle,  in  una  tavola  alta  otto  braccia  e  larga
               quattro,  una  Iustizia  che  abbraccia  uno  struzzo,  carico  delle  dodici

               tavole, e con lo scettro che ha la cicogna in cima; et armata il capo
               d'una  celata  di  ferro  e  d'oro,  con  tre  penne,  impresa  del  giusto
               giudice,  di  tre  variati  colori,  era  nuda  tutta  dal  mezzo  in  su;  alla

               cintura ha costei legati, come prigioni, con catene d'oro i sette Vizii
               che  a  lei  sono  contrarii:  la  Corruzione,  l'Ignoranza,  la  Crudeltà,  il
               Timore,  il  Tradimento,  la  Bugia  e  la  Maledicenza;  sopra  le  quali  è
               posta  in  sulle  spalle  la  Verità  tutta  nuda,  offerta  dal  Tempo  alla
               Iustizia, con un presente di due colombe fatte per l'Innocenza; alla

               quale Verità mette in capo essa Iustizia una corona di quercia per la
               Fortezza dell'animo. La quale tutta opera condussi con ogni accurata
               diligenza, come seppi il meglio.

               Nel  medesimo  tempo,  facendo  io  gran  servitù  a  Michelagnolo
               Buonarruoti  e  pigliando  da  lui  parere  in  tutte  le  cose  mie,  egli  mi

               pose  per  sua  bontà  molta  più  affezione,  e  fu  cagione  il  suo
               consigliarmi  a  ciò,  per  avere  veduto  alcuni  disegni  miei,  che  io  mi
               diedi  di  nuovo  e  con  miglior  modo  allo  studio  delle  cose
               d'architettura;  il  che  per  aventura  non  arei  fatto  già  mai,  se

               quell'uomo  eccellentissimo  non  mi  avesse  detto  quel  che  mi  disse,
               che per modestia lo taccio.

               Il San Pietro seguente, essendo grandissimi caldi in Roma, et avendo
               lì consumata tutta quella vernata del 1543, me ne tornai a Fiorenza,
               dove in casa Messer Ottaviano de' Medici, la quale io poteva dir casa
               mia, feci a Messer Biagio Mei lucchese suo compare in una tavola il

               medesimo concetto di quella di Messer Bindo in Santo Apostolo, ma
               variai dalla invenzione in fuore ogni cosa, e quella finita si mise in
               Lucca  in  San  Piero  Cigoli  alla  sua  cappella.  Feci  in  un'altra  della
               medesima  grandezza,  cioè  alta  sette  braccia  e  larga  quattro,  la

               Nostra Donna, San Ieronimo, San Luca, Santa Cecilia, Santa Marta,
               Santo  Agostino  e  San  Guido  romito,  la  quale  tavola  fu  messa  nel
               Duomo di Pisa, dove n'erano molte altre di mano d'uomini eccellenti.
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