Page 1960 - Giorgio Vasari
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venni a Fiorenza e feci la detta tavola. E perché aveva a dare saggio
di me a Fiorenza, non avendovi più fatto somigliante opera, aveva
molti concorrenti e desiderio di acquistare nome, mi disposi a volere
in quell'opera far il mio sforzo e mettervi quanta diligenza mi fusse
mai possibile. E per potere ciò fare scarico di ogni molesto pensiero,
prima maritai la mia terza sorella e comperai una casa principiata in
Arezzo, con un sito da fare orti bellissimi nel borgo di San Vito, nella
miglior aria di quella città. D'ottobre adunque l'anno 1540 cominciai
la tavola di Messer Bindo, per farvi una storia che dimostrassi la
Concezione di Nostra Donna, secondo che era il titolo della cappella.
La qual cosa perché a me era assai malagevole, avutone Messer
Bindo et io il parere di molti comuni amici, uomini litterati, la feci
finalmente in questa maniera: figurato l'albero del peccato originale
nel mezzo della tavola, alle radici di esso come primi trasgressori del
comandamento di Dio feci ignudi Adamo et Eva, e dopo agl'altri rami
feci legati di mano in mano Abram, Isac, Iacob, Moisè, Aron, Iosuè,
Davit, e gl'altri Re successivamente secondo i tempi, tutti dico legati
per ambedue le braccia, eccetto Samuel e S. Giovanni Batista i quali
sono legati per un solo braccio, per essere stati santificati nel ventre.
Al tronco dell'albero feci avvolto con la coda l'antico serpente, il
quale, avendo dal mezzo in su forma umana, ha le mani legate di
dietro; sopra il capo gli ha un piede, calcandogli le corna, la gloriosa
Vergine, che l'altro tiene sopra una luna, essendo vestita di sole e
coronata di dodici stelle. La qual Vergine, dico, è sostenuta in aria
dentro a uno splendore da molti Angeletti nudi, illuminati dai raggi
che vengono da lei, i quali raggi parimente, passando fra le foglie
dell'albero, rendono lume ai legati e pare che vadano loro sciogliendo
i legami con la virtù e grazia che hanno da colei donde procedono. In
cielo poi, cioè nel più alto della tavola sono due putti che tengono in
mano alcune carte, nelle quali sono scritte queste parole: "Quos Evae
culpa damnavit, Mariae gratia solvit". Insomma io non avea fino
allora fatto opera, per quello che mi ricorda, né con più studio, né con
più amore e fatica di questa, ma tuttavia, se bene satisfeci a altri per
aventura, non satisfeci già a me stesso, come che io sappia il tempo,
lo studio e l'opera ch'io misi particolarmente negl'ignudi, nelle teste,