Page 1953 - Giorgio Vasari
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et  al  fabricare,  cominciai,  per  meglio  poterlo  servire,  a  dare  opera

               alle cose d'architettura, e vi spesi molto tempo. Intanto, avendosi a
               far l'apparato per ricevere l'anno 1536 in Firenze l'imperatore Carlo
               Quinto, nel dare a ciò ordine il Duca comise ai deputati sopra quella
               onoranza, come s'è detto nella vita del Tribolo, che m'avessero seco a

               disegnare tutti gl'archi et altri ornamenti da farsi per quell'entrata. Il
               che  fatto,  mi  fu  anco,  per  beneficarmi,  allogato,  oltre  le  bandiere
               grandi del castello e fortezza, come si disse, la facciata a uso d'arco

               trionfale, che si fece a San Felice in piazza, alta braccia quaranta e
               larga venti; et appresso l'ornamento della porta a San Piero Gattolini,
               opere tutte grandi e sopra le forze mie. E, che fu peggio, avendomi
               questi  favori  tirato  addosso  mille  invidie,  circa  venti  uomini,  che
               m'aiutavano  far  le  bandiere  e  gl'altri  lavori,  mi  piantarono  in  sul

               buono,  a  persuasione  di  questo  e  di  quello,  acciò  io  non  potessi
               condurre  tante  opere  e  di  tanta  importanza.  Ma  io,  che  aveva
               preveduto la malignità di que' tali, ai quali avea sempre cercato di

               giovare, parte lavorando di mia mano giorno e notte, e parte aiutato
               da  pittori  avuti  di  fuora,  che  m'aiutavano  di  nascoso,  attendeva  al
               fatto mio et a cercare di superare cotali difficultà e malivoglienze con
               l'opere stesse.

               Il qual mentre Bertoldo Corsini, allora generale proveditore per sua
               eccellenzia, aveva rapportato al Duca che io aveva preso a far tante

               cose, che non era mai possibile che io l'avessi condotte a tempo, e
               massimamente  non  avendo  io  uomini  et  essendo  l'opere  molto  a
               dietro; per che, mandato il Duca per me e dettomi quello che avea
               inteso,  gli  risposi  che  le  mie  opere  erano  a  buon  termine,  come

               poteva vedere sua eccellenzia a suo piacere, e che il fine loderebbe il
               tutto;  e  partitomi  da  lui,  non  passò  molto  che  occultamente  venne
               dove  io  lavorava,  e  vide  il  tutto,  e  conobbe  in  parte  l'invidia  e
               malignità di coloro che sanza averne cagione mi pontavano addosso.

               Venuto il tempo che doveva ogni cosa essere a ordine, ebbi finito di
               tutto punto e posti a' luoghi loro i miei lavori, con molta sodisfazione
               del Duca e dell'universale. Là dove quelli di alcuni che più avevano
               pensato a me, che a loro stessi, furono messi su imperfetti. Finita la

               festa, oltre a' quattrocento scudi che mi furono pagati per l'opere, me
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