Page 1949 - Giorgio Vasari
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risolvei tornarmene in Arezzo, ma non potendo per la diritta via et
               ordinaria, mi condussi per le montagne di Modena a Bologna; dove,
               trovando  che  si  facevano  per  la  coronazione  di  Carlo  Quinto  alcuni
               archi trionfali di pittura, ebbi così giovinetto da lavorare con mio utile
               et onore. E perché io disegnava assai acconciamente, arei trovato da

               starvi  e  da  lavorare,  ma  il  disiderio  che  io  aveva  di  riveder  la  mia
               famiglia e' parenti, fu cagione che, trovata buona compagnia, me ne
               tornai in Arezzo, dove, trovato in buono essere le cose mie, per la

               diligente  custodia  avutane  dal  detto  don  Antonio  mio  zio,  quietai
               l'animo et attesi al disegno, facendo anco alcune cosette a olio di non
               molta importanza.

               Intanto, essendo il detto don Miniato Pitti fatto non so se abbate o
               priore di Santa Anna, monasterio di Monte Oliveto in quel di Siena,
               mandò  per  me;  e  così  feci  a  lui  et  all'Albenga  loro  generale  alcuni

               quadri et altre pitture. Poi, essendo il medesimo fatto abbate di San
               Bernardo d'Arezzo, gli feci nel poggiuolo dell'organo, in due quadri a
               olio,  Iobbe  e  Moisè.  Per  che,  piaciuta  a  que'  monaci  l'opera,  mi
               feciono  fare  innanzi  alla  porta  principale  della  chiesa  nella  volta  e

               facciate d'un portico alcune pitture a fresco, cioè i quattro Evangelisti
               con Dio Padre nella volta et alcun'altre figure grandi quanto il vivo,
               nelle  quali  se  bene,  come  giovane  poco  sperto,  non  feci  tutto  che
               arebbe fatto un più pratico, feci nondimeno quello che io seppi e cosa

               che non dispiacque a que' padri, avuto rispetto alla mia poca età e
               sperienza.

               Ma non sì tosto ebbi compiuta quell'opera, che, passando il cardinale
               Ipolito de' Medici per Arezzo in poste, mi condusse a Roma a' suoi
               servigii,  come  s'è  detto  nella  vita  del  Salviati,  là  dove  ebbi
               commodità, per cortesia di quel signore, di attendere molti mesi allo

               studio  del  disegno.  E  potrei  dire  con  verità  questa  comodità  e  lo
               studio di questo tempo essere stato il mio vero e principal maestro in
               questa arte, se bene per innanzi mi aveano non poco giovato i sopra
               nominati, e non mi s'era mai partito del cuore un ardente desiderio

               d'imparare  et  uno  indefesso  studio  di  sempre  disegnare  giorno  e
               notte. Mi furono anco di grande aiuto in que' tempi le concorrenze de'
               giovani  miei  eguali  e  compagni,  che  poi  sono  stati  per  lo  più
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