Page 1948 - Giorgio Vasari
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Michelagnolo, Andrea del Sarto et altri. Ma essendo l'anno 1527 stati
               cacciati i Medici di Firenze, et in particolare Alessandro et Ippolito, coi
               quali aveva così fanciullo gran servitù per mezzo di detto Cardinale,
               mi  fece  tornare  in  Arezzo  don  Antonio  mio  zio  paterno,  essendo  di
               poco  avanti  morto  mio  padre  di  peste;  il  quale  don  Antonio

               tenendomi lontano dalla città, perché io non appestassi, fu cagione,
               che  per  fuggire  l'ozio,  mi  andai  esercitando  pel  contado  d'Arezzo,
               vicino ai nostri luoghi, in dipignere alcune cose a fresco ai contadini

               del paese, ancor che io non avessi quasi ancor mai tocco colori; nel
               che fare m'avvidi che il provarsi e fare da sé aiuta, insegna e fa che
               altri fa bonissima pratica. L'anno poi 1528, finita la peste, la prima
               opera che io feci fu una tavoletta nella chiesa di San Piero d'Arezzo
               de' frati de' Servi, nella quale, che è appoggiata a un pilastro, sono

               tre  mezze  figure:  Sant'Agata,  San  Rocco  e  San  Bastiano.  La  qual
               pittura,  vedendola  il  Rosso,  pittore  famosissimo,  che  di  que'  giorni
               venne in Arezzo, fu cagione che conoscendovi qualche cosa di buono,

               cavata dal naturale, mi volle conoscere e che poi m'aiutò di disegni e
               di  consiglio.  Né  passò  molto  che  per  suo  mezzo  mi  diede  Messer
               Lorenzo Gamurrini a fare una tavola, della quale mi fece il Rosso il
               disegno, et io poi la condussi con quanto più studio, fatica e diligenza
               mi fu possibile, per imparare et acquistarmi un poco di nome. E se il

               potere  avesse  agguagliato  il  volere  sarei  tosto  divenuto  pittore
               ragionevole, cotanto mi affaticava e studiava le cose dell'arte, ma io
               trovava  le  difficultà  molto  maggiori  di  quello  che  a  principio  aveva

               stimato.
               Tuttavia, non perdendomi d'animo, tornai a Fiorenza, dove, veggendo

               non poter se non con lunghezza di tempo divenir tale che io aiutassi
               tre sorelle e due fratelli minori di me, statimi lasciati da mio padre,
               mi posi all'orefice; ma vi stetti poco, perciò che venuto il campo a
               Fiorenza l'anno 1529, me n'andai con Manno orefice e mio amicissimo

               a Pisa, dove, lasciato da parte l'esercizio dell'orefice, dipinsi a fresco
               l'arco che è sopra la porta della Compagnia vecchia de' Fiorentini, et
               alcuni quadri a olio, che mi furono fatti fare per mezzo di don Miniato
               Pitti, abbate allora d'Agnano fuor di Pisa, e di Luigi Guicciardini, che in

               quel tempo era in Pisa. Crescendo poi più ogni giorno la guerra, mi
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