Page 1950 - Giorgio Vasari
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eccellentissimi nella nostra arte. Non mi fu anco se non assai
pungente stimolo il disiderio della gloria et il vedere molti esser
riusciti rarissimi e venuti a gradi et onori. Onde diceva fra me stesso
alcuna volta: "Perché non è in mio potere con assidua fatica e studio
procacciarmi delle grandezze e gradi che s'hanno acquistato tanti
altri? Furono pure anch'essi di carne e d'ossa, come son io". Cacciato
dunque da tanti e sì fieri stimoli e dal bisogno che io vedeva avere di
me la mia famiglia, mi disposi a non volere perdonare a niuna fatica,
disagio, vigilia e stento per conseguire questo fine. E così propostomi
nell'animo, non rimase cosa notabile allora in Roma, né poi in
Fiorenza et altri luoghi ove dimorai, la quale io in mia gioventù non
disegnassi: e non solo di pitture, ma anche di sculture et architetture
antiche e moderne, et oltre al frutto ch'io feci in disegnando la volta e
cappella di Michelagnolo, non restò cosa di Raffaello, Pulidoro e
Baldassarre da Siena, che similmente io non disegnassi in compagnia
di Francesco Salviati, come già s'è detto nella sua vita. Et acciò che
avesse ciascuno di noi i disegni d'ogni cosa, non disegnava il giorno
l'uno quello che l'altro, ma cose diverse; di notte poi ritraevamo le
carte l'uno dell'altro, per avanzar tempo e fare più studio, per non dir
nulla che le più volte non mangiavamo la mattina se non così ritti, e
poche cose. Dopo la quale incredibile fatica, la prima opera che
m'uscisse di mano, come di mia propria fucina, fu un quadro grande
di figure quanto il vivo d'una Venere con le Grazie, che la adornavano
e facevan bella, la quale mi fece fare il cardinale de' Medici; del qual
quadro non accade parlare, perché fu cosa da giovanetto, né io lo
toccherei, se non che mi è grato ricordarmi ancor di que' primi
principii e molti giovamenti nel principio dell'arti. Basta che quel
signore et altri mi diedero a credere che fusse un non so che di buon
principio e di vivace e pronta fierezza. E perché fra l'altre cose vi avea
fatto per mio capriccio un satiro libidinoso, il quale, standosi nascosto
fra certe frasche, si rallegrava e godeva in guardare le Grazie e
Venere ignude, ciò piacque di maniera al cardinale, che, fattomi tutto
di nuovo rivestire, diede ordine che facessi in un quadro maggiore pur
a olio la battaglia de' satiri intorno a' fauni, silvani e putti, che quasi
facessero una baccanalia; per che, messovi mano, feci il cartone e