Page 1826 - Giorgio Vasari
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DESCRIZIONE DELL'OPERE DI FRANCESCO PRIMATICCIO
BOLOGNESE ABATE DI S. MARTINO PITTORE ET ARCHITETTO
Avendo in fin qui trattato de' nostri artefici, che non sono più vivi fra
noi, cioè di quelli che sono stati dal milledugento insino a questo
anno 1567 e posto nell'ultimo luogo Michelagnolo Buonarruoti per
molti rispetti, se bene due o tre sono mancati dopo lui, ho pensato
che non possa essere se non opera lodevole far parimente menzione
in questa nostra opera di molti nobili artefici che sono vivi, e per i
loro meriti degnissimi di molta lode, e di essere in fra questi ultimi
annoverati. Il che fo tanto più volentieri quanto tutti mi sono
amicissimi e fratelli, e già i tre principali tant'oltre con gl'anni, che
essendo all'ultima vecchiezza pervenuti, si può poco altro da loro
sperare, come che si vadano, per una certa usanza, in alcuna cosa
ancora adoperando. Appresso ai quali farò anco brevemente
menzione di coloro che sotto la loro disciplina sono tali divenuti, che
hanno oggi fra gl'artefici i primi luoghi, e d'altri che similmente
caminano alla perfezzione delle nostre arti.
Cominciandomi dunque da Francesco Primaticcio, per dir poi di
Tiziano Vecello et Iacopo Sansovini, dico che detto Francesco,
essendo nato in Bologna della nobile famiglia de' Primaticci, molto
celebrata da fra' Leandro Alberti e dal Pontano, fu indirizzato nella
prima fanciullezza alla mercatura, ma piacendogli poco
quell'esercizio, indi a non molto, come di animo e spirito elevato, si
diede ad esercitare il disegno, al quale si vedeva essere da natura
inclinato. E così attendendo a disegnare, e talora a dipignere, non
passò molto, che diede saggio d'avere a riuscire eccellente. Andando
poi a Mantoa, dove allora lavorava Giulio Romano il palazzo del T al
duca Federigo, ebbe tanto mezzo, ch'e' fu messo in compagnia di
molti altri giovani che stavano con Giulio a lavorare in quell'opera.
Dove, attendendo lo spazio di sei anni con molta fatica e diligenza
agli studii dell'arte, imparò a benissimo maneggiare i colori e lavorare
di stucco; onde fra tutti gl'altri giovani, che nell'opera detta di quel