Page 1821 - Giorgio Vasari
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Fama, la quale si vedeva in alto quasi volante, si stavano intorno a
Arno, coronato di cipresso e tenente il vaso asciutto et elevato con
una mano, e nell'altra un ramo d'arcipresso e sotto sé un lione. E per
dimostrare l'anima di Michelagnolo essere andata in cielo alla somma
felicità, aveva finto l'accorto pittore uno splendore in aria significante
il celeste lume, al quale in forma d'Angioletto s'indirizzava la
benedetta anima, con questo verso lirico:
Vivens orbe peto laudibus aethera.
Dagli lati sopra due basi erano due figure in atto di tenere aperta una
cortina, dentro la quale pareva che fussero i detti fiumi, l'anima di
Michelagnolo e la Fama; e ciascuna delle dette due figure n'aveva
sotto un'altra. Quella che era a man ritta de' fiumi, figurata per
Vulcano, aveva una face in mano, la figura che gli aveva il collo sotto
i piedi figurata per l'Odio in atto disagioso e quasi fatigante per
uscirgli di sotto, aveva per contrasegno un avoltoio con questo verso:
Surgere quid properas, Odium crudele? Iaceto.
E questo perché le cose sopr'umane e quasi divine non deono in alcun
modo essere né odiate né invidiate. L'altra fatta per Aglaia, una delle
tre Grazie e moglie di Vulcano, per significare la Proporzione, aveva in
mano un giglio, sì perché i fiori sono dedicati alle Grazie, e sì ancora
perché si dice il giglio non disconvenirsi ne' mortorii. La figura che
sotto questa giaceva e la quale era finta per la Sproporzione, aveva
per contrasegno una scimia o vero bertuccia, e sopra questo verso:
Vivus et extinctus docuit sic sternere turpe.
E sotto i fiumi erano questi altri due versi: