Page 1813 - Giorgio Vasari
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quadro  che  posando  come  gl'altri  detti  sul  primo  piano,  guardava
               l'altare  maggiore,  era  un  grande  epitaffio  latino  composto  dal
               dottissimo  Messer  Pier  Vettori,  il  sentimento  del  quale  era  tale  in
               lingua fiorentina: "L'Accademia de' pittori, scultori et architettori, col
               favore  et  aiuto  del  duca  Cosimo  de'  Medici,  loro  capo  e  sommo

               protettore di queste arti, ammirando l'eccellente virtù di Michelagnolo
               Buonarruoti e riconoscendo in parte il beneficio ricevuto dalle divine
               opere sue, ha dedicato questa memoria, uscita dalle proprie mani e

               da  tutta  l'affezzione  del  cuore,  all'eccellenza  e  virtù  del  maggior
               pittore, scultore et architettore che sia mai stato". Le parole latine
               furono  queste:  "Collegium  pictorum,  statuariorum,  architectorum,
               auspicio  opeque  sibi  prompta  Cosmi  ducis,  autoris  suorum
               commodorum,  suspiciens  singularem  virtutem  Michaëlis  Angeli

               Bonarrotae intelligensque quanto sibi auxilio semper fuerint praeclara
               ipsius  opera,  studuit  se  gratum  erga  illum  ostendere  sommum
               omnium qui unquam fuerint p. s. a. ideoque monumentum hoc suis

               manibus extructum magno animi ardore ipsius memoriae dedicavit".
               Era  questo  epitaffio  retto  da  due  Angioletti,  i  quali  con  volto

               piangente  e  spegnendo  ciascuno  una  face,  quasi  si  lamentavano
               essere  spenta  tanta  e  così  rara  virtù.  Nel  quadro  poi  che  veniva  a
               essere  volto  verso  la  porta  che  va  nel  chiostro  era  quando  per
               l'assedio  di  Firenze  Michelagnolo  fece  la  fortificazione  del  poggio  a

               San  Miniato,  che  fu  tenuta  inespugnabile  e  cosa  maravigliosa:  e
               questo fu di mano di Lorenzo Sciorini, allievo del Bronzino, giovane di
               bonissima speranza. Questa parte più bassa, e come dire la base di
               tutta la machina, aveva in ciascun canto un piedestallo che risaltava,

               e sopra ciascun piedestallo era una statua grande più che il naturale,
               che sotto n'aveva un'altra come soggetta e vinta, di simile grandezza,
               ma raccolta in diverse attitudini e stravaganti. La prima a man ritta,
               andando  verso  l'altare  maggiore,  era  un  giovane  svelto,  e  nel

               sembiante tutto spirito e di bellissima vivacità figurato per l'Ingegno,
               con  due  aliette  sopra  le  tempie,  nella  guisa  che  si  dipigne  alcuna
               volta  Mercurio.  E  sotto  a  questo  giovane  fatto  con  incredibile
               diligenza,  era  con  orecchi  asinini  una  bellissima  figura  fatta  per

               l'Ignoranza,  mortal  nimica  dell'Ingegno.  Le  quali  ambedue  statue
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