Page 1802 - Giorgio Vasari
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nuovo della semplicità sua Michelagnolo, e partito, prese un poco di

               marmo Topolino e tagliato il Mercurio sotto le ginocchia un quarto, lo
               incassò  nel  marmo  e  lo  comesse  gentilmente,  facendo  un  paio  di
               stivaletti a Mercurio, che il fine passava la commettitura e lo allungò
               il bisogno: che fatto venire poi Michelagnolo e mostrogli l'opera sua di

               nuovo, rise e si maravigliò che tali goffi stretti dalla necessità piglion
               di quelle resoluzioni che non fanno i valenti uomini.

               Mentre  che  egli  faceva  finire  la  sepoltura  di  Giulio  Secondo,  fece  a
               uno  squadratore  di  marmi  condurre  un  termine  per  porlo  nella
               sepoltura di S. Piero in Vincola, con dire: "Lieva oggi questo, e spiana

               qui, pulisci qua"; di maniera che senza che colui se n'avedessi, gli fé
               fare  una  figura;  perché  finita  colui  maravigliosamente  la  guardava,
               disse Michelagnolo: "Che te ne pare?". "Parmi bene", rispose colui "e
               v'ho grande obligo". "Perché", soggiunse Michelagnolo. "Perché io ho

               ritrovato per mezzo vostro una virtù che io non sapeva d'averla."
               Ma per abreviare dico che la complessione di questo uomo fu molto

               sana, perché era asciutta e bene annodata di nerbi, e se bene fu da
               fanciullo  cagionevole  e  da  uomo  ebbe  dua  malattie  d'importanza,
               soportò  sempre  ogni  fatica  e  non  ebbe  difetto,  salvo  nella  sua
               vecchiezza  patì  dello  orinare  e  di  renella,  che  s'era  finalmente

               convertita in pietra, onde per le mani di maestro Realdo Colombo suo
               amicissimo  si  siringò  molti  anni  e  lo  curò  diligentemente.  Fu  di
               statura mediocre, nelle spalle largo, ma ben proporzionato con tutto
               il resto del corpo. Alle gambe portò invecchiando di continuovo stivali

               di pelle di cane sopra lo ignudo i mesi interi, che quando gli voleva
               cavare poi nel tirargli ne veniva spesso la pelle. Usava sopra le calze
               stivali di cordovano afibiati di drento per amore degli umori. La faccia
               era ritonda, la fronte quadrata e spaziosa con sette linee diritte, e le

               tempie sportavano in fuori più delle orecchie assai, le quali orecchie
               erano più presto alquanto grandi e fuor delle guance; il corpo era a
               proporzione  della  faccia  e  più  tosto  grande,  il  naso  alquanto
               stiacciato,  come  si  disse  nella  vita  del  Torrigiano,  che  gliene  ruppe

               con  un  pugno,  gli  occhi  più  tosto  piccoli  che  no,  di  color  corneo
               machiati  di  scintille  giallette  azzurricine,  le  ciglia  con  pochi  peli,  le
               labra sottili e quel di sotto più grossetto et alquanto infuori; il mento
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