Page 1797 - Giorgio Vasari
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dell'arte come delle facultà ha mostro il contrario; delle cose dell'arte
               si  vede  aver  donato,  come  s'è  detto,  et  a  Messer  Tommaso  de'
               Cavalieri,  a  Messer  Bindo  et  a  fra'  Bastiano  disegni  che  valevano
               assai; ma a Antonio Mini suo creato tutti i disegni, tutti i cartoni, il
               quadro della Leda, tutti i suoi modegli e di cera e di terra che fece

               mai, che come s'è detto, rimasono tutti in Francia a Gherardo Perini
               gentiluomo  fiorentino  suo  amicissimo;  in  tre  carte  alcune  teste  di
               matita nera divine, le quali sono dopo la morte di lui venute in mano

               dello illustrissimo don Francesco principe di Fiorenza, che le tiene per
               gioie, come le sono. A Bartolommeo Bettini fece e donò un cartone
               d'una  Venere  con  Cupido  che  la  bacia,  che  è  cosa  divina,  oggi
               appresso agli eredi in Fiorenza; e per il marchese del Vasto fece un
               cartone  d'un  Noli  me  tangere,  cosa  rara,  che  l'uno  e  l'altro  dipinse

               eccellentemente il Puntormo, come s'è detto. Donò i duoi prigioni al
               signor  Ruberto  Strozzi,  et  a  Antonio  suo  servitore,  et  a  Francesco
               Bandini la Pietà che roppe, di marmo. Né so quel che si possa tassar

               d'avarizia questo uomo, avendo donato tante cose, che se ne sarebbe
               cavato migliaia di scudi. Che si può egli dire, se non che io so, che mi
               ci son trovato, che ha fatto più disegni et ito a vedere più pitture e
               più  muraglie,  né  mai  ha  voluto  niente?  Ma  veniamo  ai  danari
               guadagnati col suo sudore, non con entrate, non con cambi, ma con

               lo studio e fatica sua, se si può chiamare avaro chi soveniva molti
               poveri, come faceva egli, e maritava segretamente buon numero di
               fanciulle, et arricchiva chi lo aiutava nell'opere, e chi lo servì come

               Urbino  suo  servidore  che  lo  fece  ricchissimo  et  era  suo  creato  che
               l'aveva servito molto tempo; e gli disse: "Se io mi muoio, che farai
               tu?".  Rispose:  "Servirò  un  altro".  "O  povero  a  te",  gli  disse
               Michelagnolo,  "io  vo'  riparare  alla  tua  miseria",  e  gli  donò  scudi
               dumila in una volta, cosa che è solita da farsi per i Cesari e pontefici

               grandi; senzaché al nipote ha dato per volta tre e quattro mila scudi,
               e nel fine gli ha lassato scudi diecimila senza le cose di Roma.

               È  stato  Michelagnolo  di  una  tenace  e  profonda  memoria,  che  nel
               vedere  le  cose  altrui  una  sol  volta  l'ha  ritenute  sì  fattamente  e
               servitosene in una maniera, che nessuno se n'è mai quasi accorto, né

               ha  mai  fatto  cosa  nessuna  delle  sue  che  riscontri  l'una  con  l'altra,
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