Page 1793 - Giorgio Vasari
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che  era  innamorato  dell'arte  sua,  che  vuol  l'uomo  per  sé  solo  e
               cogitativo e perché è necessario che, chi vuole attendere agli studii di
               quella,  fugga  le  compagnie:  avenga  che  chi  attende  alle
               considerazioni dell'arte non è mai solo né senza pensieri, e coloro che
               gliele  attribuivano  a  fantasticheria  et  a  stranezza,  hanno  il  torto,

               perché chi vuole operar bene, bisogna allontanarsi da tutte le cure e
               fastidi, perché la virtù vuol pensamento, solitudine e comodità, e non
               errare con la mente. Con tutto ciò ha avuto caro l'amicizie di molte

               persone  grandi  e  delle  dotte  e  degli  uomini  ingegnosi  a'  tempi
               convenienti e se l'è mantenute, come il grande Ipolito cardinale de'
               Medici che l'amò grandemente, et inteso che un suo cavallo turco che
               aveva piaceva per la sua bellezza a Michelagnolo, fu dalla liberalità di
               quel signore mandato a donare con dieci muli carichi di biada et un

               servidore che lo governassi, che Michelagnolo volentieri lo accettò. Fu
               suo  amicissimo  lo  illustrissimo  cardinale  Polo,  innamorato
               Michelagnolo  delle  virtù  e  bontà  di  lui,  il  cardinale  Farnese  e

               Santacroce, che fu poi papa Marcello, il cardinale Ridolfi, el cardinale
               Maffeo, e monsignor Bembo, Carpi, e molti altri cardinali e vescovi e
               prelati,  che  non  accade  nominargli,  monsignor  Claudio  Tolomei,  el
               magnifico Messer Ottaviano de' Medici suo compare che gli battezzò
               un suo figliuolo, e Messer Bindo Altoviti, al quale donò il cartone della

               cappella, dove Noè inebriato è schernito da un de' figliuoli e ricoperto
               le vergogne dagli altri dua; Messer Lorenzo Ridolfi e Messer Anibal
               Caro, e Messer Giovan Francesco Lottini da Volterra; et infinitamente

               amò più di tutti Messer Tommaso de' Cavalieri gentiluomo romano,
               quale essendo giovane e molto inclinato a queste virtù, perché egli
               imparassi a disegnare, gli fece molte carte stupendissime disegnate
               di lapis nero e rosso di teste divine, e poi gli disegnò un Ganimede
               rapito in cielo da l'uccel di Giove, un Tizio che l'avvoltoio gli mangia il

               cuore,  la  cascata  del  carro  del  sole  con  Fetonte  nel  Po  et  una
               baccanalia di putti, che tutti sono ciascuno per sé cosa rarissima e
               disegni non mai più visti. Ritrasse Michelagnolo Messer Tommaso in

               un cartone grande di naturale, che né prima né poi di nessuno fece il
               ritratto, perché aborriva il fare somigliare il vivo se non era d'infinita
               bellezza.  Queste  carte  sono  state  cagione  che  dilettandosi  Messer
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