Page 1771 - Giorgio Vasari
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morire. Raccomandavasi al Vasari come per più altre lettere, che ha
di suo, che lo raccomandassi al Duca che gli perdonassi oltra a quello
che (come ho detto) gli scrisse al Duca in escusazione sua. E se
Michelagnolo fussi stato da poter cavalcare sarebbe subito venuto a
Fiorenza, onde credo che non si sarebbe saputo poi partire per
ritornarsene a Roma, tanto lo mosse la tenerezza e l'amore che
portava al Duca; et intanto attendeva a lavorare in detta fabbrica in
molti luoghi, per fermarla ch'ella non potesse essere più mossa.
In questo mentre alcuni gli avevon referto che papa Paulo Quarto era
d'animo di fargli acconciare la facciata della cappella dove è il
Giudizio Universale, perché diceva che quelle figure mostravano le
parte vergognose troppo disonestamente: là dove fu fatto intendere
l'animo del Papa a Michelagnolo il quale rispose: "Dite al Papa che
questa è piccola faccenda, e che facilmente si può acconciare; che
acconci egli il mondo, che le pitture si acconciano presto". Fu tolto a
Michelagnolo l'ufizio della cancelleria di Rimini; non volse mai parlare
al Papa, che non sapeva la cosa, il quale dal suo coppiere gli fu levato
col volergli fare dare per conto della fabbrica di San Piero scudi cento
il mese, che fattogli portare una mesata a casa, Michelagnolo non gli
accettò. L'anno medesimo gli nacque la morte di Urbino suo
servidore, anzi come si può chiamare e come aveva fatto, suo
compagno: questo venne a stare con Michelagnolo a Fiorenza l'anno
1530, finito l'assedio, quando Antonio Mini suo discepolo andò in
Francia, et usò grandissima servitù a Michelagnolo, tanto che in
ventisei anni quella servitù e dimestichezza fece che Michelagnolo lo
fé ricco e l'amò tanto, che così vecchio in questa sua malattia lo servì
e dormiva la notte vestito a guardarlo. Per il che dopo che fu morto, il
Vasari per confortarlo gli scrisse et egli rispose con queste parole:
Messer Giorgio mio caro, io posso male scrivere, pur per risposta
della vostra lettera dirò qualche cosa. Voi sapete come Urbino è
morto: di che m'è stato grandissima grazia di Dio, ma con grave mio
danno et infinito dolore. La grazia è stata che dove in vita mi teneva
vivo, morendo m'ha insegnato morire non con dispiacere, ma con
desiderio della morte. Io l'ho tenuto ventisei anni e hollo trovato